DAMASCOlemmi/Ulau.html

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Domas F.

BIBLIOGRAFIA – Ashtor 1976; Burns 2005; EI2, II, pp. 277-286; Heyd 1913, I, pp. 184-197, 610-611, 632-634, 1024-1025, 1249; Bacchi della Lega 1968, II, p. 13.

Fondata da Alessandro Magno (333 a.C.), D. fu poi romana (dal 64 a.C.), bizantina, e dal 635 araba. Nel 1076 il turcomanno Atsiz b. Uvak sottrasse la città ai Fatimidi e ne assunse per breve tempo il controllo; a una fase di forte turbolenza politica seguì un periodo più stabile con la dinastia Buride (1104-1140), durante il quale D. fu sottoposta alla duplice minaccia delle mire di Aleppo e (dopo il 1099) del Regno di Gerusalemme, violentemente rintuzzate nel 1148. Con Nūr al-Dīn (1154-1174) la città divenne la capitale di un vasto stato, riunito nel nome del Ǧihād, e annesso alla sua morte all’impero degli Ayyubidi (vd. Burns 2005, pp. 158-178). Dal primo terzo del XIII sec. D. dovette sopportare la pressione mongola: nel 1250 cedette a Hülegü la sovranità nominale sulla città, che dieci anni dopo, in seguito al sacco di Baghdād (1258) e alla presa di Aleppo (1260), si arrese; pronti a prenderne possesso (per farne la base amministrativa in Siria: Burns 2005, p. 195-197), i Mongoli furono inaspettatamente sconfitti dai Mamelucchi ad ‘Ayn Ǧālūt (settembre 1260). All’epoca di Marco Polo (che la cita come sede di uno dei «vicarii» del Vecchio della Montagna), D. era nelle mani di Baybars (1260-1277), e nella prima metà del XIV sec. i Mamelucchi – che nel 1300 e nel 1303 respinsero nuovi attacchi mongoli – ne fecero la seconda città dell’impero, garantendone rinnovata prosperità economica ed intellettuale. Il declino iniziò intorno al 1340 (Burns 2005, pp. 211-221). Alla conquista da parte di Tamerlano (1401) seguì un periodo di ritrovata stabilità con i sultanati di Barsbāy (1422-1438) e Qāytbāy (1438-1495); nel 1516 Selim I la conquistò.

I rapporti tra Venezia e D. furono ovviamente di natura commerciale. Pur collocata nell’entroterra e separata dalla costa da barriere naturali, nei secc. XIII-XIV la città godeva di un «incessant movement of men and goods [...], not unlike the activity of a great maritime port» (EI2, II, p. 278). In essa, le merci provenienti dalla Persia, dalla Mesopotamia e dall’Asia Minore incontravano quelle dall’Egitto e dall’Arabia; quelle dall’India giungevano o attraverso il Golfo Persico e Baghdād, o seguendo le carovane dalla Mecca (da D. partiva annualmente il più grande convoglio di pellegrini lì diretto; i mercanti che l’accompagnavano vi si procuravano le spezie provenienti dall’India via Aden, e le scambiavano nelle grandi fiere commerciali nella pianura del Giordano: vd. Heyd 1913, I, pp. 185-187). Alle merci importate (spezie, perle, pietre preziose) si aggiungevano i raffinatissimi prodotti dell’artigianato locale, poiché – scrive Niccolò da Poggibonsi – «e sì vi si lavora meglio di tutte cose, che in niuna altra parte del mondo» (ed. Bacchi della Lega 1968, II, p. 13). Oltre a confetture, distillati, vasellami e vetrerie, utensili ed armi in rame e metallo, la città era soprattutto rinomata per i suoi tessuti artistici, i “damaschini”. La presenza regolare in città di commercianti veneziani è registrata dalla metà del XIII secolo (Heyd 1913, I, p. 191), ma acquisì importanza solo a partire dal terzo decennio del XIV secolo; in quegli anni, la conquista genovese di Famagosta e la distruzione del regno armeno (oltre alla decadenza dei grandi porti del regno di Gerusalemme) sottrassero ai Veneziani due comode vie di accesso alle merci asiatiche, costringendoli ad interessarsi maggiormente all’entroterra. Dal 1345, Venezia stipulò e rinnovò regolarmente privilegi commerciali con i sultani, stabilendo un fondaco nella città – che, inoltre, accoglieva commercianti catalani, genovesi, fiorentini, calabresi e francesi (Burns 2005, p. 206). Ai mercanti si univano i viaggiatori. Diversamente che nel Milione, D. è descritta da Ibn Baṭṭūṭa (che la visitò nel 1326), da John Mandeville (1330) e dal già citato Niccolò da Poggibonsi (1348): vd. Burns (2005), pp. 206-208. La presenza veneziana crebbe ulteriormente nella prima metà del XV sec., quando Venezia ottenne il monopolio nell’esportazione di cotone dalla Siria. D. era uno dei suoi principali mercati: per raggiungerla in sicurezza, nel 1442 fu firmato un accordo che concedeva ai Veneziani di vestirsi alla maniera araba (Ashtor 1976, p. 691). Dalla metà del XV secolo, iniziarono a manifestarsi i primi sintomi di una nuova crisi economica. Il commercio, tuttavia, rimase florido, e così l’attrattiva della città per i viaggiatori occidentali, tra cui Ludovico de Varthema, che la visitò nel 1502. Splendido documento, infine, dei rapporti tra Venezia e D. alla soglia della conquista turca, è il celeberrimo dipinto attribuito a Giovanni Bellini raffigurante l’ambasceria veneziana del 1511 (vd. Burns 2005, pp. 221-222).

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