BALDUINO

R I 1 1.

Baudoin F; Baldoinus L; Balduinus P; Baldoin V; Balduino VA; Balduino VB.

BIBLIOGRAFIA – Burgio, Eusebi 2008; Cardona 1975, p. 555; Nicol 1988; Ostrogorsky 1968; Pelliot 1953-1973, p. 91 n. 66; Verlinden 1945, pp. 167-197; Wolff 1954.

Baldovino II (Costantinopoli, 1217 – Trani? 1273), fu l’ultimo imperatore latino di Bisanzio (1237-1261). Dopo aver contrastato tutta la vita la «lente agonie» dell’impero (Verlinden 1945, p. 167), si oppose di persona, la notte del 25 luglio 1261, all’attacco di Alessio Strategopulo e all’incendio del quartiere veneziano. E come i Veneziani – che nel 1268 acclamavano ancora il doge Lorenzo Tiepolo «signore di un quarto e un ottavo di tutto l’Impero di Romania» (Nicol 1988, p. 252) – egli non si arrese mai alla caduta di Costantinopoli, e fino alla morte perseverò nel tentativo di organizzarne la riconquista. È forse questo suo legame con Venezia che gli procura una delle rarissime menzioni di autorità occidentali all’interno del libro di Marco, per di più nella zona privilegiata dell’incipit (R I 1 1). La data del 1250 riportata da Ramusio – e condivisa da tutte le redazioni tranne Z, lacunoso in quel punto – va tuttavia posticipata al 1260 (Burgio, Eusebi 2008, pp. 40-42).

Figlio cadetto di Yolanda di Fiandra e di Hainaut (sorella di B. I e di Enrico) e di Pietro di Courtenay, ereditò la corona dal fratello Roberto, morto nel 1228, in un momento assai critico per l’Impero latino, privato dei dominî continentali dal despota dell’Epiro Teodoro Angelo Ducas Comneno, e delle isole e dei possedimenti in Asia Minore da Giovanni Ducas Vatatze, imperatore di Nicea (Ostrogorsky 1968, pp. 395-398). Undicenne, B. aveva bisogno di un reggente, identificato con l’anziano Giovanni di Brienne, re titolare di Gerusalemme, la cui figlia Maria fu promessa al futuro imperatore. Assediata dal 1234-1235 da Giovanni Ducas e dal bulgaro Ivan II Asen, Costantinopoli resisteva grazie all’appoggio della flotta inviata dal doge Jacopo Tiepolo, cui si unirono rinforzi da parte di Genova, Pisa, e Guglielmo di Acaia (Nicol 1988, p. 221). Per ovviare alla penuria d’uomini e di mezzi, B. fu inviato in Occidente; nel 1239, ottenuto il denaro per il viaggio (impegnando la sua stessa contea di Namur), tornò a Costantinopoli. Coronato imperatore a Santa Sofia, nella primavera del 1240 assediò Chiorli grazie all’alleanza con i Cumani e accordò il regno di Salonicco a Guglielmo da Verona, signore di Negroponte e figlio di Ravano dalle Carceri (Verlinden 1945, pp. 173-175). La morte di Asen (1241) e l’invasione mongola in Bulgaria concessero all’Impero un provvisorio sollievo, ma le difficoltà finanziarie costrinsero B. a cedere i terreni familiari di Courtenay al principe di Acaia (Verlinden 1945, p. 176). L’elezione di Innocenzo IV generò nuove speranze in B., che nel 1244 partì per Roma e seguì il papa al concilio di Lione, il cui ordine del giorno era il soccorso dell’Impero Latino. Fece ritorno a Costantinopoli nel 1248 (Verlinden 1945, p. 179), e trovò la situazione ulteriormente peggiorata. Avvantaggiato dalle incursioni mongole, che avevano coinvolto la Bulgaria, Trebisonda e il sultanato d’Iconio, Giovanni di Nicea si trovava padrone incontrastato di tutta l’Asia Minore e di gran parte dei Balcani. L’Impero latino consisteva ormai nella sola Costantinopoli, e nella zona circostante. Le ristrettezze economiche, inoltre, furono tali da costringere B. a richiedere un prestito ai fratelli Ferro, mercanti veneziani a Costantinopoli, dando come pegno il suo stesso figlio Filippo di Courtenay, riscattato nel 1261 da Alfonso X di Castiglia, cugino di Maria di Brenne (Wolff 1954, p. 80). Nel 1251, B. tornò invano in Italia e Francia alla ricerca di aiuti. Nel 1258, poi, perse definitivamente la contea di Namur a vantaggio di Enrico di Lussemburgo (Verlinden 1945, pp. 180-181). Lo stesso anno, Michele Paleologo assunse la reggenza dell’Impero di Nicea per conto del giovane Giovanni IV. Rifiutata l’offerta di pace proposta da B., nel 1259 Michele sconfisse la coalizione anti-bizantina di Manfredi di Sicilia, Michele II d’Epiro e Guglielmo di Villehardouin nella valle di Pelagonia (Ostrogorsky 1968, p. 408). Ormai, solo Venezia poteva opporsi al suo potere, ma il trattato di Ninfeo (1261) procurò all’imperatore bizantino l’aiuto navale di Genova, decisivo per la conquista di Costantinopoli. Dopo la sua caduta, B. tentò immediatamente di organizzare la riconquista della città: da Negroponte giunse in Puglia, dove fece leva sul sentimento anti-bizantino di Manfredi, ma la cessione del regno di Napoli a Carlo d’Angiò bloccò sul nascere ogni possibile progetto. Allo stesso modo, andò a vuoto il tentativo di convincere Ugo IV di Borgogna ad intraprendere una crociata contro Bisanzio, allettandolo con la ricompensa del regno di Salonicco (Verlinden 1945, p. 189). Nel 1267, infine, B. e Carlo d’Angiò stipularono a Viterbo un trattato di spartizione dell’Impero latino dopo la sua eventuale riconquista, ma la prospettata crociata passò in secondo piano rispetto alla spedizione tunisina di Luigi IX, che ottenne maggior favore (Ostrogorsky 1968, pp. 414-416). Nel 1271, poi, l’elezione di Gregorio X, convinto sostenitore dell’unificazione ecclesiastica con la Chiesa ortodossa, pose fine ai progetti di B., che morì l’anno successivo all’età di cinquantacinque anni.

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