FISIONOMIA
filoxofia V; physonomia Z.
BIBLIOGRAFIA – Agrimi 2002; EIt, s.v. «fisiognomica»; Fahd 1996; Ghersetti 1996; Hoyland 2005.
Ramusio cita la “f.” – fisiognomica, ovvero «l’arte di giudicare il carattere e il comportamento potenziale di una persona dall’apparenza esterna dei suoi organi corporei, in base all’analisi delle loro dimensioni, proporzioni, forma, colore, consistenza, dei movimenti o gesti e della voce» (EIt, s.v. «fisiognomica») – come disciplina squisitamente arabo-islamica; in arabo il lemma rinvia a firāsa (“attenta osservazione”), il cui significato è duplice: nel primo, di carattere “mistico”, esso indica un’illuminazione del cuore che permette di leggere ciò che non è evidente (così secondo Corano, 47 27-30); nel secondo, esso coincide con “fisiognomica”, ed è quindi strettamente connesso al sapere scientifico, e definisce una prassi interpretativa dei dati forniti dalla conoscenza della fisiologia individuale. La base concettuale della firāsa “scientifica” (ḥikmiyya) affonda le sue radici nella divinazione preislamica, ma furono le traduzioni dal greco a darle consistenza: la versione (circolante già nel IX sec.) dei perduti Physiognomika di Polemone di Laodicea (m. 144), considerato nel mondo arabo il padre della disciplina; la versione di Ḥunayn b. Isḥāq (m. 873) dell’omonimo trattatello dello pseudo-Aristotele. A queste opere si aggiunsero quelle originali, come il Kitāb al-Mansūrī [Libro di medicina] di al-Rāzī (m. 925: il Liber ad Almansorem o Physionomia del Rhazes della tradizione europea) e gli scritti di Ibn Sīnā (Avicenna: m. 1037). La firāsa è disciplina di carattere pratico: nel mondo islamico se ne consigliava l’esercizio al momento dell’acquisto degli schiavi, della scelta della sposa e (ai sovrani) nella scelta dei consiglieri di corte. Quest’ultimo versante fu quello che interessò maggiormente i clerici occidentali quando la f. fece la sua apparizione nel XIII sec. alla corte di Federico II, con la prima versione del Secretum secretorum di Filippo da Tripoli, insieme, forse allo pseudo Aristotele (e tra il 1228 e il 1235 ca. Michele Scoto compose il Liber Phisionomiae, o Liber de secretis nature, parte del Liber Introductorius, dedicato a Federico II; vd. EIt, s.v. «fisiognomica»). Nel corso del secolo la “f.” si rafforzò come scienza accademica, e fu oggetto di riflessione epistemologica negli ambienti della Scolastica. Come ha rilevato Agrimi (2002), furono importanti in tal senso il Liber compilationis phisionomie di Pietro d’Abano (1295 ca.) e la glossa al Secretum secretorum di Ruggero Bacone. A questo ambito rinvia la glossa (piuttosto generica in verità) di Ramusio (tratta da Z), per cui la f. «insegna a conoscere la proprietà et qualità degli huomini che sono buoni o cattivi».
[EB]
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