GEOMANTIA
geumancia Z.
BIBLIOGRAFIA – Charmasson 1980; Cuneo 1992; Savage-Smith, Smith 1980, pp. 1, 9-14; Skinner 1980, pp. 17, 20.
La geomanzia è una pratica divinatoria di origine araba, il cui nome - ‘ilm al-raml – significa “scienza della sabbia”. Il termine latino geomantia – che ne è l’esatta traduzione – appare per la prima volta con il significato corrente nell’Ars geomantiae di Hugo Sanctallensis, autore della prima metà del XII secolo (vd. Savage-Smith, Smith 1980, p. 1). Si tratta dunque, al contrario della negromantia, di una pratica tipicamente araba: secondo la leggenda, Dio stesso, tramite l’arcangelo Gabriele, ne avrebbe svelato i misteri al profeta Idris (vd. Skinner 1980, p. 20). Lo svolgimento della pratica divinatoria è piuttosto elaborato e di difficile comprensione ai non iniziati, perché consiste nell’interpretazione di un disegno formato da sedici posizioni casuali di punti, ciascuno dei quali rappresenta una figura geomantica. Le prime quattro posizioni sono di primaria importanza nella costruzione del disegno, perché determinano il significato delle altre dodici. Di conseguenza, la formazione di queste prime quattro figure, chiamate “le madri” (Ummahāt), riveste un grande significato. Una volta formate le madri, devono essere costruite altre dodici file di punti che vanno a disporsi in figure cui corrisponde un tema, che può essere quello della “via”, del “carcere”, della “ricchezza”, della “tristezza” etc. I temi così ottenuti e le loro posizioni vengono confrontati con una tabella interpretativa. (Per una descrizione più dettagliata, con fotografie delle tavolette geomantiche, vd. Savage-Smith, Smith 1980, pp. 11-14; Charmasson 1980). La g. conobbe la sua massima diffusione nei secoli XII-XIV, e il suo rapporto con Baghdād evocato da Ramusio è ab origine: l’inconsueta pianta rotonda adottata per la costruzione della città, estraneo agli schemi rettangolari delle fondazioni omayyadi, risponde ai «dettami dell’astrologia e della geomanzia asiatiche» (vd. Cuneo 1992). La g. era inoltre diffusamente insegnata nelle università cittadine (Skinner 1980, p. 17).
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