NEGROMANTIA

R I 7 5.

nigromenzia V; negromantia Z.

BIBLIOGRAFIA – Agrimi, Crisciani 1980, pp. 152-153; Fahd 1966, p. 174; Grossel 1997, p. 86.

La negromanzia è una pratica divinatoria che consiste nell’evocazione dei defunti (< gr. nekromanteía); assai diffusa nel Vicino Oriente antico essa è duramente condannata dalla Bibbia (vd. Levitico, 19 31; 20 6 etc.), sebbene in 1 Samuele, 28 7-25 si narri di di un rito negromantico richiesto dall’empio Saul. I Greci ben la praticavano (vd. i cosiddetti Dialoghi dei morti di Luciano), così come i Romani: Lucano, Pharsalia, VI 333-830 trasformò il crudo rito esoterico nel simbolo della decadenza della res publica. Nel mondo arabo, invece, la negromanzia non è mai stata praticata; non esiste nemmeno un termine per indicare l’azione di evocare i defunti a scopo divinatorio (vd. Fahd 1966, p. 174).

È dunque imprecisa l’informazione fornita da Ramusio, secondo la quale a Baghdād, tra l’altro, si studia pure la «negromantia»: con ogni probabilità un tratto esotizzante tradotto letteralmente da Z, essendo il passo assente in F. Per gli Occidentali la n. era giudicata parte integrante del cursus studiorum degli orientali, come risulta da questo passo della nella Chronica monasterii Casinensis (1045-1145): «Costantino l’Africano, monaco di Montecassino, fu dottissimo negli studi filosofici, maestro dell’oriente e dell’occidente, un nuovo luminoso Ippocrate. Partito da Cartagine, di cui era originario, si recò a Babilonia e qui fu istruito compiutamente in grammatica, dialettica, scienza della natura (physica), geometria, aritmetica, scienza magica (matematica), astronomia, negromanzia, musica e scienza della natura (physica) dei Caldei, dei Persiani, dei Saraceni» (in Agrimi, Crisciani 1980, pp. 152-153). Né si può escludere che l’accenno di Ramusio (accolto dalla sua fonte trecentesca) possa avere le sue radici nella polemistica anti-islamica; essere un negromante, capace di evocare i morti per servirsene con scopi malvagi è attributo di Maometto in quella letteratura: così il profeta è descritto, tra gli altri, da Adelphus nella Vita Mahumeti (inizio del XII sec.), e nella Vita Machometi di Embricone di Magonza – così appare rappresentato anche (secondo l’interpretazione di Grossel 1997, p. 86) nel Roman de Mahomet di Alexandre du Pont (1258).

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