OG ET MAGOGAbbacu.html

R I 53 0; R I 53 3.

Gogo et Magogo, Gog F; Og et Magog, Gog L; Gog et Magog, Gog, Magog P; Disinogon e Mogube V; Ozi Magonia VA; Desain, Gogmagog VB; Og et Magog, Gog Z.

BIBLIOGRAFIA – Bologna 1997, pp. 613-620; Burgio 1998; Cardona 1975, pp. 537-538, 639-641; Chiesa 2011, pp. 148-150, 296-299, pp. 496-497 nota 18; Daffinà 1989, p. 420.

Non c’è nella tradizione poliana evidenza certa che il Veneziano fosse pienamente consapevole della connessione tra l’episodio della Porta di Ferro e la citazione di Og e Magog (o se si preferisce, Gog e Magog): si può forse trovarne una tenuissima traccia nella presenza, in entrambi i passi, dei Tartari – e in ogni caso, vista la sistematica deformazione grafica della dittologia in quasi tutte le redazioni, essa doveva risultare oscura ai copisti del Milione, in qualunque lingua e forma.

Secondo R I 5 7-8, Alessandro Magno fortificò il passo noto come Porta di Ferro per evitare l’ingresso di popolazioni nomadi al di qua della montagna; tali popolazioni «vien detto» essere Tartari (ma, si precisa, «non è vero che siano stati Tartari, perché a quel tempo non erano, anzi fu una gente chiamata Cumani, et di altre generation et sorti»: così la tradizione poliana – vd. F XXII 6). “Porta / Porte di Ferro” è definizione tradizionalmente applicata al passo di Derbend (turc. Demir Kapı, nel Daghestan), una lunga fortificazione tra il mar Caspio e il Caucaso costruita dai successori di Alessandro Magno e conquistata dai Mongoli nel 1239 (la visitò Guglielmo di Rubruck nell’autunno 1254, che nell’Itinerarium, XXXVII 18 – parlando appunto di «Portam Ferream, quam Alexander Macedo fecit […]» – la descrive così: «[…] est ciuitas cuius extremitas orientalis est super ripam maris, et est modica planicies inter mare et montes, per quam protenditur ipsa ciuitas usque ad uerticem montis qui adiacet ei ab occidente, ita quod nulla uia est superius propter asperitatem montium neque inferius per mare, nisi recte per medium ciuitatis ex transuerso, ubi est porta ferrea a qua ciuitas denominatur» – ed. Chiesa 2011, pp. 296-299; e vd. pp. 496-497 nota 18, 148-50, con bibl.). La connessione con il Macedone è uno degli esiti dell’affabulazione del romanzo dello pseudo Callistene, e fonde in uno materia greca e fonti scritturistiche (vd. Bologna 1997, pp. 613-620, e Burgio 1998, pp. 827-835 per la bibliografia precedente). In effetti, l’identificazione di quei nomadi con le popolazioni provenienti a lateribus aquilonis, dalle regioni settentrionali, citate in Ezechiele, 38 1-6 e in Apocalisse, 20 1-10 come Gog e Magog (nel primo Gog è un’etnonimico, Magog il toponimo della sua terra d’origine; nel secondo si tratta di due etnonimici) è precoce: da Giuseppe Flavio in poi (I sec. d.C.) i due lemmi furono puntualmente interpretati come etnonimici di popolazioni nomadi di origine asiatica, e attribuiti a tutti i protagonisti delle Völkerwanderungen che punteggiano la storia europea tra tardo Antico e XIII secolo (dai “Barbari” germanici agli Ungari e, appunto ai Mongoli). E non va sottovaluata la forza imressiva della dittologia, grazie alla sua calettatura nel contesto dell’aspettativa della Fine dei tempi (e in questa prospettiva apocalittica Alessandro diviene “figura” di Cristo nella lotta contro l’Anticristo [Bologna 1997, p. 619]).

Dunque la dittologia funziona come reattivo per marcare l’“intrusione” di un Altro nemico – non solo sul piano dell’evidenza militare, ma pure culturale, perché nomade, e dunque estraneo alla logica della “civiltà” residenziale eurasiatica; non stupisce dunque che, al loro apparire sulla scena slava negli anni Trenta-Quaranta del XIII sec. essa sia stata applicata pure per i Mongoli (vd Burgio 1998, pp. 862-865). La reazione di Polo nel passo in questione sarà legata alla sua ammirazione per il popolo di Cublai (mentre non si hanno elementi per indicare il coinvolgimento nell’identificazione dei Cumani). D’altra parte, come si diceva all’inizio, il Veneziano non pare consapevole della connessione tra questo materiale mitico e la dittologia: per lui – in questo caso debitore, probabilmente, di fonti orali mussulmane (Cardona) – «Og et Magog» («Gogo et Magog» in F LXXIII 16) sono i toponimi, da interpretare come «Ung» e «Mongul», ovvero gli Önggut e i Mongoli, appunto (Mongul è la Mongal di Pian di Carpine, vd. Daffinà 1989, p. 420: l’alternanza delle vocali [u] e [a] dipenderà, come osserva Elisabetta Ragagnin, dal fatto che in mongolo la vocale della seconda sillaba è sempre molto evanescente).

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