CARAUNASlemmi/Ulau.html
R I 14 0; R I 14 8; R I 12 1; R I 14 9; R I 14 11; R I 14 13.
Caraunas, Caraonas F; Caraunas L; caraonas P; Charaunas V; Charoonas(i) VA; Caraor VB.
BIBLIOGRAFIA – Atwood 2004, pp. 447-448; Bernardini, Guida 2012, pp. 64-65; Cardona 1975, pp. 682-684; Pelliot 1959-1973, pp. 183-196 n. 122; Yule, Cordier 1929, I, pp. 101-106.
Corretta trascrizione del nome Qaraunas (anche Qarawnas), il quale è impiegato molto di frequente dagli storici persiani di epoca mongola per indicare certe truppe di origine tartara che vivevano in Persia a quel tempo. La discussione etimologica allestita da Pelliot è intricata; Qara’una (> Qarauna), pl. Qara’unas (> Qaraunas) è autentica forma mongola, passata senza alterazioni in area persiana e derivata probabilmente dal mong. qara, ossia “nero”, radice che conferirebbe al nome in questione una particolare (nonché riconosciuta: «peggiori» e «crudeli» in R I 14 10) tinta dispregiativa ― e lo studioso fa notare come ciò valga anche per altri lemmi sia in turco che in mongolo. In Polo si legge che i C. sono il frutto dell’unione di pere (F) «Tartari bianchi» (R I 14 11) e mere «Indiane, quali erano negre», che sono, cioè, dei «“meschiati” nella lingua loro» (in VB troviamo «in nostra lengua gasmulli over bastardi»), ma Pelliot osserva che all’epoca di Marco i contatti tra Mongoli e India erano ancora troppo recenti e sporadici per aver permesso il formarsi di una simile razza mista, e che pertanto il veneziano potrebbe essere stato influenzato da qara. In cauda, Pelliot lancia l’ipotesi di un’affinità tra Qara’una e qaraγuna, parola usata come epiteto per un uccello acquatico dai segni neri: all’origine di queste etimologie popolari starebbe proprio il comune significato di “nero” o “nerastro” e «the name may have been given to the Qaraunas on account of their black complexion, or as a depreciatory designation» (Pelliot, p. 187), di cui sopra. Il nome C. compare solo dopo l’insediamento dei Mongoli di Hülegü in Persia, non è noto, invece, in Mongolia né occorre nei testi dell’Estremo Oriente. Se la prima menzione di un C. è databile al 1270, di una vera “armata” (laškar) di C. si hanno notizie verso il 1282-1283, quando Arghun ne organizzò un tümen o miriarchia (il che spiegherebbe il numero riferito, a posteriori, da Polo); sappiamo pure che già nel 1278 i capi dei C., i quali ormai gravitavano principalmente intorno a Herāt nel Khorāsān, si erano sottomessi ad Abaγa. Resta il fatto che gruppi autonomi, sparsi per tutto il territorio degli Ilkhān, continuavano a compiere scorrerie: quel che ne dice Polo (si veda il caso della regione di Reobarle) è pienamente confermato dagli storici persiani. Per quanto riguarda l’attacco subito da Marco e dai suoi compagni a opera dei C., Pelliot è propenso a collocarlo nel 1272, durante il viaggio di andata. L’ultima menzione dei C. risale al 1547. Quanto ai rapporti tra i C. e Negüder: può essere che i C. del Khorāsān non venissero distinti dalle bande di tali negüderī (ma anche tegüderī), così chiamati da un eponimo Negüder (un amīr, parrebbe, agli ordini di Berke attivo nel 1262); anzi, possiamo pensare, sia pure in forma dubitativa, che i due nomi fossero in pratica equivalenti. L’errore di Polo, pertanto, sarebbe stato quello di associare indebitamente i negüderī, alias C., con il principe chagataico Tegüder. Vd. poi Atwood (2004) e Bernardini (2012). Infine, la Magical Darkness scatenata all’occorrenza dai C. e che, a detta di Ramusio, fu appresa da questi nella provincia di Malabar (ma Pelliot parla di una probabile alterazione dalla lezione “Dilivar” in F), non sarebbe altro che il risultato naturale della combinazione di “nebbia secca” (Dry Fog), frequente nel Khorāsān, e tempesta di sabbia (Dust Storm), comune nell’India N; la convinzione, invece, che questi fenomeni potessero prodursi per incantamento è tutta mongola (così Yule, Cordier).
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