ZENZIBAR

R III 36 4; R III 36 10; R III 36 19; R III 37 0; R III 37 1.

Çanghibar F; Çangibar L; Çamçibar, Çançibar, Çençibar, Çinçibar P; Zungibar V; Zanchibar, Zangibar VA; Ganghibar VB; Çanghibar, Zanghibar, Zanghybar Z.

BIBLIOGRAFIA – Cardona 1975, pp. 756-757; EIt, s.v. «Madagascar»; EI2, XI, pp. 447-451; Pelliot 1959-1973, pp. 597-603 n. 196; Tobler 1888.

Sull’isola di Zanzibar, sull’eziologia del nome e sulla sua ubicazione, strettamente legata a quella di Magastar, località non visitate personalmente da Marco Polo, si sono versati fiumi d’inchiostro. Oltre al fondamentale Pelliot, riassume bene la situazione quanto scritto in EIt, s.v. «Madagascar»: «Marco Polo, fondandosi sulle notizie avute dalla viva voce dei marinai indiani, descrive, nel Milione, i due stati più importanti dell’Africa orientale: lo stato di Modagosho o di Madagascar, come egli scrive in una ortografia fantastica, e lo stato di Zanzibar, situato a Sud del precedente. Per un errore molto spiegabile da parte di chi, non avendo visitato personalmente quelle regioni, ne ha avuto notizia dagli Orientali […], egli ha creduto che i due stati fossero formati da grandi isole e intitola i capitoli che dedica alla loro descrizione: Isola di Madagscar; Isola di Zanzibar. Fondandosi su questi nomi, Martino Behaim [navigatore tedesco del XV secolo] ha disegnato sul suo globo due isole immaginarie che per un caso singolare hanno trovato ciascuna con molta approssimazione il loro corrispondente nella realtà quando i Portoghesi, doppiato il Capo di Buona Speranza, constatarono l’esistenza di una grande terra di fronte alla costa di Mozambico e di un isolotto sulla costa di Zanguebar. È vero però che fu necessario modificarne considerevolmente la posizione, la grandezza e la forma» (e vd. anche la voce dedicata a Z. da EI2, XI, pp. 447-451). Essendo una descrizione non autoptica, il capitolo contiene alcuni elementi poco realistici (vd. la descrizione degli abitanti, R III 37 3 e sgg.), anche se le abitudini alimentari esposte sono piuttosto credibili (vd. R III 37 7), come pure l’affermazione che uomini e donne hanno capelli talmente crespi che difficilmente si bagnano (R III 37 5).

Interessante è il brano sulle modalità riproduttive degli elefanti (R III 37 8) che potrebbe derivare dalle descrizioni contenute nei bestiari medievali (non si esclude, quindi, che la paternità del passo sia ascrivibile in toto a Rustichello). La leggenda riguardo alla riproduzione dei grandi mammiferi, infatti, si trova citata anche nel codice Saibante Hamilton, che si cita dall’edizione Tobler 1888: «Elefantes sunt bestie grandes quasi montes. | que dum vadunt ad pascua in simul vadunt. | quasi peccora. 7 quando masculus concubit | cum femina retrouersi conueniunt».

[MP]