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lemmi/Xandu

[0] Delli luoghi deputati sopra tutte le strade maestre, dove tengono cavalli per correre le poste, et d’i corrieri che vanno a piede, et del modo che ’l tiene a mantenere tutta la spesa delle dette poste. Cap. 20.

[1] Uscendo della città di Cambalú, vi sono molte strade et vie per le quali si va a diverse provincie, et in ciascuna strada, dico di quelle che sono le piú principali et maestre, sempre, in capo di venticinque miglia o trenta, et piú et manco secondo le distantie delle città, si trovano alloggiamenti che nella lor lingua si chiamano “lamb”, che nella nostra vuol dire “poste di cavalli”, dove sono palazzi grandi et belli, che hanno bellissime camere con letti forniti et paramenti di seta et tutte le cose condecenti a’ gran baroni. [2] Et in ciascuna di simil poste potrebbe un gran re honoratamente alloggiare, et gli vien provisto del tutto per le città o castelli vicini, et ad alcuni la corte vi provede. [3] Quivi sono di continuo apparecchiati quattrocento buon cavalli, et accioché tutti li nuntii et ambasciadori che vanno per le faccende del Gran Can possino dismontare quivi e, lasciati i cavalli stracchi, pigliarne di freschi. [4] Nelli luoghi veramente fuor di strada et montuosi, dove non sono villaggi et che le città siano lontane, il Gran Can ha ordinato che vi siano fatte le poste, o vero palazzi similmente forniti di tutti gli apparecchi, cioè di cavalli quattrocento per posta et di tutte l’altre cose necessarie come le sopradette, et vi manda genti che vi habitano et lavorino le terre et servino a esse poste. [5] Et vi si fanno d’i gran villaggi, et cosí gl’imbasciatori et nuncii del Gran Can vanno et vengono per tutte le provincie et regni et altre parti sottoposte al suo dominio |30r| con gran commodità et facilità: et questa è la maggior eccellenza et altezza che già mai havesse alcuno imperatore o re over altro huomo terreno, perché piú di dugentomila cavalli stanno in queste poste per le sue provincie, et piú de diecimila palazzi forniti di cosí ricchi apparecchi. [6] Et questo è sí mirabil cosa et di tanta valuta che a pena si potrebbe dire o scrivere. [7] Et se alcuno dubitasse come siano tante genti a far tante faccende et onde vivono, si risponde che tutti gl’idolatri et similmente Sarraceni tolgono ciascuno sei, otto et dieci mogli, pur che le possino far le spese, et generano infiniti figliuoli: et saranno molti huomini, de’ quali ciascuno haverà piú di trenta figliuoli, et tutti armati lo seguitano, et questo per causa delle molte mogli. [8] Ma appresso di noi non si ha se non una moglie, et se quella sarà sterile l’huomo finirà la sua vita con lei, né genera alcun figliuolo: et però non habbiamo tante genti come loro. [9] Et circa le vettovaglie, ne hanno a bastanza, perché usano per la maggior parte risi, panizzo et miglio, spetialmente Tartari, Cataini et della provincia Manzi, et queste tre semenze, nelle loro terre, per ciascuno staro ne rendono cento. [10] Non usano pane queste genti, ma solamente cuocono queste tre sorti de biade con il latte, o vero carni, et mangiano quelle; et il formento appresso di loro non moltiplica cosí, ma quello che ricogliono mangiano solamente in lasagne et altre vivande di pasta. [11] Appresso di loro non vi resta terra vacua che si possi lavorare, et i loro animali senza fine crescono et moltiplicano, et quando vanno in campo non è alcuno che non meni seco sei, otto et piú cavalli per la persona sua, onde si può chiaramente comprendere per che causa in quelle parti sia cosí gran moltitudine di genti, et che habbino da vivere cosí abondantemente. [12] Item fra il spatio di ciascuna delle sopradette poste è ordinato un casale ogni tre miglia, nel qual possono essere circa quaranta case, et piú et manco secondo che i casali son grandi, dove stanno corrieri a piede, i quali similmente sono nuntii del Gran Can. [13] Costoro portano intorno cinture piene di sonagli, accioché siano oditi dalla lunga, perché corrono solamente tre miglia, cioè dalla sua posta ad una altra; odendosi il strepito d’i sonagli, subitamente s’apparecchia un altro, et giunto piglia le lettere et corre fin all’altra posta, et cosí di luogo in luogo, di sorte che il Gran Can in due giorni et due notti ha nuove di lontano per dieci giornate. [14] Et al tempo d’i frutti spesse volte la mattina si raccolgono frutti nella città di Cambalú, et il giorno sequente verso sera sono portati al Gran Can nella città di Xandú, la qual è discosto per dieci giornate. [15] In ciascuna di queste poste di tre miglia è deputato un notaio, che nota il giorno et l’hora che giugne il corriero, et similmente il giorno et l’hora che si parte l’altro, et cosí si fa in tutte le poste. [16] Et vi sono alcuni che hanno questo carico, di andare ogni mese ad essaminar tutte queste poste, et veder quelli corrieri che non hanno usato diligenza, et li castigano. [17] Et il Gran Can da questi tali corrieri et da quelli che stanno nelle poste non fa pagare alcuno tributo, anzi li dona buona provisione, et nelli cavalli che si tengono in dette poste non fa quasi alcuna spesa, perché le città, castelli et ville che sono circonstanti ad esse poste li pongono et mantengono in quelle, però che, di comandamento del signore, i rettori della città fanno cercare et essaminar per li pratichi delle città quanti cavalli possa tenere la città nella posta a sé propinqua, et quanti ve ne possono tenere i castelli et quanti le ville, et secondo il loro potere ve li pongono. [18] Et sono le città concordevoli l’una con l’altra, perché fra una posta et l’altra v’è alle volte una città, la qual con l’altre vi pone la sua portione; et queste città mantengono i cavalli dell’entrate che doverrebbono pervenire al Gran Can, imperoché tal huomo doverrebbe pagare tanto che potria tenere un cavallo et mezzo, comandandosegli che quello tenga nella posta a sé propinqua. [19] Ma dovete sapere che le città non mantengono di continuo quattrocento cavalli nelle poste, anzi ne tengono dugento al mese che sostenghino le fatiche, et in questo mezzo altri dugento ne ingrassano, et in capo del mese gli ingrassati si pongono nella posta et gl’altri similmente s’ingrassano, et cosí vanno faccendo di continuo. [20] Ma se gli accade che in alcun luogo sia qualche fiume o lago, per il qual bisogni che i corrieri et quelli a cavallo vi passino, le città propinque tengono tre et quattro navilii apparecchiati di continuo a questo effetto, et se ’l bisogna passar alcun diserto di molte giornate, nel qual far non si possa habitatione alcuna, la città che è appresso tal diserto è tenuta a dar li cavalli agli imbasciatori del signore fino oltre il diserto, et le vettovaglie con le scorte, ma il signor dà aiuto a quella città. [21] Et nelle poste che son fuor di strada il signor tiene in parte suoi cavalli, et in parte ve gli tengono le città, castella, ville lí propinque. [22] Ma quando è di |30v| bisogno che i nuntii del signor affrettino il cammino, per causa di fargli intendere di qualche terra che se gli sia ribellata, o per alcun barone o altre cose necessarie, cavalcano in un giorno ben dugento miglia o dugentocinquanta, et fanno cosí, quando vogliono andare con grandissima celerità: portano la tavola del girifalco, in segno che andar vogliono velocissimamente; se son due, et che si partono d’un medesmo luogo, quando sono sopra duoi buoni cavalli corsieri si cingono tutto il ventre et si rivolgono il capo, et si mettono a correr quanto piú possono, et come sono appresso gli alloggiamenti suonano una sorte di corno che si sente di lontano, acciò che preparino i cavalli, quali trovati freschi et riposati, saltano sopra quelli: et cosí fanno di posta in posta sino a sera, et in tal guisa potranno far in un giorno da dugentocinquanta miglia. [23] Et se egli è caso molto grave cavalcano la notte, et se non luce la luna quelli della posta gli vanno correndo avanti con lumiere sino all’altra posta; nondimeno i detti nuntii al tempo di notte non vanno con tanta celerità come di giorno, per rispetto di quelli che corrono a piedi con le lumiere, che non possono essere cosí presti. [24] Et molto s’apprezzano tal nuntii che possono sostenere una simil fatica di correre.