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[0] Della città di Tudinfu. Cap. 52.

[1] Quando si parte da Ciangli, camminando verso mezzodí sei giornate, di continuo trovando città et castella di gran valore et nobiltà; et le genti adorano gl’idoli, abbrucciano i loro corpi, sono soggetti al Gran Can, et le loro monete sono di carta; vivono di mercantie et arti et hanno abondanza di vettovaglie. [2] Et in capo di dette sei giornate si trova una città, qual fu già un regno nobile et grande, detto Tudinfu: ma il Gran Can la soggiogò al suo dominio per forza d’armi. [3] Et è molto dilettevole per li giardini che vi sono intorno, che producono belli et buoni frutti. [4] Fanno seda in grande abondanza. [5] Ha sotto la sua iurisditione undeci città imperiali, cioè nobili et grandi, per esser città di gran traffichi di mercantie et di gran copia di seda, et soleva havere re, avanti che la fusse sottoposta al Gran Can, qual nel 1272 mandò al governo della città et a guardia del paese un suo baron nominato Lucansor, capitano di ottantamila cavalli. [6] Costui, vedendosi con tanta gente et in cosí riccho et abondante paese, insuperbito, deliberò di ribellarsi al suo signore, et parlato c’hebbe con li primi della detta città, li persuase ad assentire a questo suo mal volere, et con il mezzo di detti fece ribellare tutti i popoli delle città et castella sottoposte a quella provincia. [7] Il Gran Can, inteso che hebbe questo tradimento, mandò subito duoi suoi baroni, de’ quali un era chiamato Angul, l’altro Mongatai, con centomila persone. [8] Lucansor, inteso c’hebbe questo essercito che gli veniva contra, si sforzò di ragunare non minor numero delle genti di sudditi, et quanto piú presto li fu possibile venne alle mani con li detti. [9] Et con grande uccisione dell’una parte et l’altra, fu finalmente morto Lucansor, la qual cosa vista dall’hoste |41r| suo, si missero a fuggire. [10] Et seguitandoli i Tartari, molti ne furono morti et molti presi, quali menati alla presentia del Gran Can, tutti i principali fece morire; agli altri perdonò et tolsegli alli servitii suoi, et sempre li furono fideli.

Z, 68 1-13

[1] Quando quidem disceditur a civitate Çiangli, itur versus meridiem per sex dietas, continuo inveniendo multas civitates et castra magni valoris et nob‹i›litatis, gentes quarum adorant ydola, comburunt funera et sunt sub dominio Magni Can. [2] Habent etiam peccuniam de cartis. [3] Vivunt de mercationibus et artibus. [4] Habent habundantia‹m› omnium victualium. [5] Sed ibi non sunt alia dicenda, quare dicemus de Tindifu.

[6] Tindifu est quedam magna civitas, que iam fuit regnum nobile et magnum, sed Magnus Can ipsum armorum viribus suo dominio subiugavit. [7] Et tamen nobilior civitas que in illis partibus habeatur. [8] Ibi sunt homines magne mercationis. [9] Et habent de syrico quod est mirabile. [10] Item habent, in circuitu civitatis, multa viridaria cuiuslibet maneriei bonos producencia fructus. [11] Ista civitas Tundinfu sub eius iurisdictione habet .xi. civitates imperiales, videlicet nobiles et magnas. [12] Nam civitates sunt magnarum mercationum, quia habent syricum ultra modum. [13] Magnus Can miserat suum baronem nomine Liitan Sangon ad istam civitatem et dedit isti octuaginta milia equitum ad custodiam.

VB, XCVI 5-9

[5] Vedendose Lucansagor chapitano di tanta giente et de sì richo et abondante paexe, insoperbito, delliberò rebellarsi al suo segnore. [6] Saputo el Gran Can la rebelione de Luchansagor mandò do suo’ baroni valorossisimi homeni con chavalli .Cm. e molti pedoni, l’uno nomea Anguil, l’altro Mongatai. [7] Saputo Lucansagor dela venuta de’ diti do capetani con tanto exercito apariò ecian lui la cente soa e non con menor numero de quella del Gran ‹Can› e quanto presto poté ge vene al’incontro. [8] E ritrovatosse tranbi osti, furno alle mani con grandissima ucisione de una parte e del’altra; ma finalmente Luchansagor fu morto nella bataglia. [9] Morto el chapitano, tuta l’oste soa si messe a fugire, e sseguendoli i Tartari gran quantità ne furo morti e molti prexi, i qual tuti menati alla pressencia del Gran Cane, tuti i principal fece morire; ai altri perdonò e tolsei nell’oste soa e ssenpre dapò ge fo fedelli.