[0] Dell’Armenia Maggiore, dove son le città di Arcingan, Argiron, Darzizi; del castel Paipurth, et del monte dell’arca di Noè; de’ confini di detta provincia et del fonte del’oglio. Cap. 4.
[1] L’Armenia Maggiore è una gran provincia, che comincia da una città nominata Arcingan, nella quale si lavorano bellissimi bochassini di bambagio, et vi si fanno molte altre arti che a narrarle saria lungo, et hanno li piú belli et migliori bagni di acque calde che scaturiscono che trovar si possano. [2] Sono le genti per la maggior parte Armeni, ma sottoposte a’ Tartari. [3] In questa provincia sono molte città et castelli, et la piú nobil città è Arcingan, la quale ha arcivescovo; l’altre sono Argiron et Darziz. [4] È molto gran provincia, et in quella nell’estate sta una parte dell’essercito d’i Tartari di Levante, perché vi trovano buoni pascoli per le lor bestie; ma l’inverno non vi stanno per il gran freddo et neve, perché vi nevica oltra modo et le bestie non vi possono vivere: et però li Tartari si partono l’inverno et vanno verso mezzodí per el caldo, per causa di pascoli et herbe per le sue bestie. [5] Et in un castello che si chiama Paipurth è una ricchissima minera d’argento, et trovasi questo castello andando da Trebisonda in Tauris. [6] Et nel mezzo dell’Armenia Maggiore è uno grandissimo et altissimo monte, sopra il quale se dice essersi firmata l’archa di Noè: et per questa causa si chiama il monte dell’archa di Noè, et è cosí largo et lungo che non si potria circuire in duoi giorni, et nella sommità di quello vi si truova di continuo tanta alta la neve che niuno vi puol ascendere, perché la neve non si liquefa in tutto, ma sempre una cascha sopra l’altra et cosí accresce. [7] Ma nel descendere verso la pianura, per l’humidità della neve la qual liquefatta scorre giú, talmente il monte è grasso et abondante de herbe che nell’estate tutte le bestie dalla lunga circonstanti si riducono a stantiarvi, né mai vi mancano; et ancho per il discorrere della neve si fa gran fango sopra il monte. [8] Nei confini veramente dell’Armenia verso levante sono queste provincie: Mosul, Meridin, delle quali si dirà di sotto, et ve ne sono molte altre che saria lungo a raccontarle. [9] Ma verso la tramontana è la Zorzania, nei confini della quale è una fonte dalla qual nasce oglio in tanta quantità che molti camelli vi si potrebbono cargare, et non è buono da mangiare, ma da ungere gli huomini et gli animali per la rogna et per molte infirmità, et ancho per brusciare. [10] Vengono da parti lontane molti a pigliare questo oglio, et le contrate vicine non brusciano di altra sorte. [11] Havendosi detto dell’Armenia Maggiore, ora dichiamo di Zorzania. | Hic naratur de continentiis Armenie Maioris.
[1] Armenia Maior est quedam magna provincia, que incipit a quadam civitate nomine Arcinga, in qua laborantur meliores bucherani de mundo; et multe alie artes fiunt ibi, que narari non posunt; et habent pulcriores et meliores balneas aquarum scaturientium que in mundo reperiantur. [2] In ea sunt multe civitates et castra, et nobilior civitas est Arcinga, que habet archiepiscopum. [3] Et hic bestie male permanent propter inmensum frigus et nivem, quam ultra modum ningit Deus. [4] Et in quodam castro, |3v| quod vocatur Paperth, est maxima argentera, et invenitur hoc castrum eundo de Trapesunda in Thauris. [5] Et in medio Armenie Maioris, est quidam maximus et altissimus mons, ad modum unius cube, super quem arca Noe dicitur astitisse: et ex hoc mons ille appelatur Mons Arche Noe; et est tam latus et longus quod in duobus diebus circui non posset; et in sumitate montis continue tanta multitudo nivis habundat quod nullus potest ascendere sumitatem, quia nix nunquam in totum liquescit. [6] In confinibus vero Armenie versus meridie‹m› sunt iste provincie: Musul, Mus et Meridim, de quibus infra dicetur, et multe alie sunt, quas longum esset narare. [7] Versus vero tramontanam est Iorgia, de qua infra dicemus. [8] Et in confinibus Iorgie, quidam fons est de quo scaturit oleum in tanta quantitate quod mile cameli simul et semel ibi posunt honerari, et honerantur; sed nichil in comestione valet. [9] Sed bonum est ad ungendum homines et quelibet animalia propter scabiem. [10] Et homines de longi‹n›quis partibus venuunt pro oleo isto, et omnes contracte circumstantes non comburunt aliud oleum quam istud. [11] Et valet ad multos langores. |
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