[0] Del bellissimo palazzo del Gran Can in la città di Xandú; et della mandra di cavalli et cavalle bianche, del latte d’i quali fanno ogn’anno sacrificio; et delle cose maravigliose che li loro astrologhi fanno far quando vien mal tempo, et ancho della sala del Gran Can, et delli sacrificii che li detti fanno; et di due sorti di religiosi, cioè poveri, et d’i costumi et vita loro. Cap. 55.
[1] Quando si parte da questa città di sopra nominata, andando tre giornate per greco si trova una città nominata Xandú, la qual edificò il Gran Can che al presente regna, detto |17r| Cublai Can; et quivi fece fare un palazzo di maravigliosa bellezza et artificio, fabricato di pietre di marmo et d’altre belle pietre, qual con un capo confina in mezzo della città et con l’altro col muro di quella. [2] Dalla qual parte, a riscontro del palazzo, un altro muro ferma un capo da una parte del palazzo nel muro della città, et l’altro dall’altra parte circuisse, et include ben sedeci miglia di pianura, talmente che entrare in quel circuito non si può se non partendosi dal palazzo. [3] In questo circuito et serraglia sono prati bellissimi et fonti et molti fiumi, et ivi sono animali di ogni sorte, come cervi, daini, caprioli, quali vi fece portar il Gran Can per pascer i suoi falconi et girifalchi, ch’egli tiene in muda in questo luogo, i quali girifalchi sono piú di dugento: et esso medesimo va sempre a vederli in muda, al manco una volta la settimana. [4] Et molte volte, cavalcando per questi prati circondati di mura, fa portar un leopardo, o vero piú, sopra le groppe de’ cavalli, et quando vuole lo lascia andare, et subito prende un cervo o vero capriolo o daino, li quali fa dare a’ suoi falconi et girifalchi: et questo fa egli per suo sollazzo et piacere. [5] In mezzo di quei prati, ove è un bellissimo bosco, ha fatto fare una casa regal, sopra belle colonne dorate et invernicate, et a cadauna è un dragone tutto dorato che rivolge la coda alla colonna, et col capo sostiene il soffittado, et stende le branche, cioè una alla parte destra a sostentamento del soffittado et l’altra medesimamente alla sinistra. [6] Il coperchio similmente è di canne dorate, et vernicate cosí bene che niuna acqua li potria nocere, le quali sono grosse piú di tre palmi et lunghe da dieci brazza, et tagliate per cadauno groppo si parteno in duoi pezzi per mezzo et si riducono in forma de coppi: et con queste è coperta la detta casa, ma cadauno coppo di canna per difensione de’ venti è ficcato con chiodi. [7] Et detta casa a torno a torno è sostentata da piú di dugento corde di seda fortissime, perché dal vento (per la leggerezza delle canne) saria rivoltata a terra. [8] Questa casa è fatta con tanta industria et arte che tutta si può levar et metter zoso et poi di nuovo reedificarla a suo piacere; et fecela far il Gran Can per sua dilettatione, per esservi l’aere molto temperato et buono, et vi habita tre mesi dell’anno, cioè zugno, luglio et agosto, et ogn’anno, alli ventiotto della luna del detto mese di agosto, si suol partire et andare ad altro luogo, per far certi sacrificii in questo modo. [9] Ha una mandra di cavalli bianchi et cavalle come neve, et possono essere da diecimila, del latte delle quali niuno ha ardimento bere s’egli non è descendente della progenie di Cingis Can. [10] Nondimeno Cingis Can concesse l’honore di bere di questo latte ad un’altra progenie, la quale al tempo suo una fiata si portò molto valorosamente seco in battaglia, et è nominata Boriat. [11] Et quando queste bestie vanno pascolando per li prati et per le foreste se gli porta gran riverenza, né ardiria alcun andargli davanti o vero impedirli la strada. [12] Et havendo gli astrologhi suoi, che sanno l’arte magica et diabolica, detto al Gran Can che ogn’anno, al vigesimo ottavo dí della luna di agosto, debbia far spandere del latte di queste cavalle per l’aria et per terra per dar da bere a tutti i spiriti et idoli che adorano, acciò che conservino gl’huomini et le femmine, le bestie, gli uccelli, le biade et l’altre cose che nascono sopra la terra, per questa causa il Gran Can in tal giorno si parte dal sopradetto luogo et va a far di sua mano quel sacrificio del latte. [13] Fanno anchora questi astrologhi, o vogliam dire negromanti, una cosa maravigliosa a questo modo: che come appar che ’l tempo sia turbato et vogli piovere, vanno sopra il tetto del palazzo ove habita il Gran Can, et per virtú dell’arte sua il difendono dalla pioggia et da tempesta, talmente che a torno a torno descendono pioggie, tempeste et baleni, et il palazzo non vien tocco da cosa alcuna. [14] Et costoro che fanno tal cose si chiamano “tebeth” et “chesmir”, che sono due sorti d’idolatri quali sono i piú dotti nell’arte magica et diabolica di tutte l’altre genti, et danno ad intendere al vulgo che queste operation siano fatte per la santità et bontà loro, et per questo vanno sporchi et immondi, non curandosi dell’honor suo né delle persone che li veggono; sostengono il fango nella lor faccia, né mai si lavano né si pettinano, ma sempre vanno lordamente. [15] Hanno costoro un bestial et horribil costume, che quando alcuno per il dominio è giudicato a morte, lo tolgono et cuoceno et mangianlo; ma se muore di propria morte non lo mangiano. [16] Oltra il nome sopradetto si chiamano ancho “bachsi”, cioè di tal religione o vero ordine come si direbbono frati predicatori o vero minori, et sono tanto ammaestrati et esperti in quest’arte magica o diabolica che fanno quasi ciò che vogliono, et fra le altre se ne dirà una fuor di ogni credenza. [17] Quando il Gran Can nella sua sala senta a tavola, la quale, come si dirà nel |17v| libro di sotto, è di altezza piú di otto braccia, et in mezzo della sala, lontano da detta tavola, è apparecchiata una credentiera grande, sopra la quale si tengono i vasi da bere, essi operano con l’arte sue che le caraffe piene di vino o vero latte o altre diverse bevande da se stesse empiono le tazze loro senza che alcuno con le mani le tocchino, et vanno ben per dieci passa per aere in mano del Gran Can; et poi c’ha bevuto, le dette tazze ritornano al luogo d’onde erano partite: et questo fanno in presenza di coloro i quali vuole il signore che veggano. [18] Questi bachsi similmente, quando sono per venire le feste delli suoi idoli, vanno al Gran Can et li dicono: «Signore, sappiate che, se li nostri idoli non sono honorati con gl’holocausti, faranno venire mal tempo et pestilenze alle nostre biade, bestie et altre cose: per il che vi supplicamo che vi piaccia di darne tanti castrati con li capi neri et tante libre de incenso et legno di aloè, che possiamo fare il debito sacrificio et honore». [19] Ma queste parole non dicono personalmente al Gran Can, ma a certi principi che sono deputati parlar al signore per gl’altri, et essi dipoi lo dicono al Gran Can, qual li dona integramente ciò che dimandano. [20] Et venuto il giorno della festa, li fanno i sacrificii di detti castrati, et spargano il brodo avanti gli idoli, et a questo modo gli honorano. [21] Hanno questi popoli grandi monasterii et abbatie, et cosí grandi che pareno una picciola città, in alcuna delle quali vi potriano essere quasi duoimila monachi, i quali secondo i costumi loro servono agl’idoli, et si vestono piú honestamente degli altri huomini, et portano il capo raso et la barba, et fanno festa agl’idoli con piú solenni canti et lumi che sia possibile; et di questi alcuni possono pigliar moglie. [22] Vi è poi un altro ordine di religiosi, nominati “sensim”, quali sono huomini di grande astinenza, et fanno la loro vita molto aspra, però che tutto il tempo della vita sua non mangiano altro che semole, le quali mettono in acqua calda et lasciano stare alquanto, fin che si levi via tutto il bianco della farina: et allhora le mangiano cosí lavate, senza alcuna sustanza di sapore. [23] Questi adorano il fuogo et dicono gli huomini dell’altre regole che questi che vivono in tanta astinenza sono heretici della sua legge, perché non adorano gli idoli come loro; ma è gran differenza tra loro, cioè tra l’una regola et l’altra, et questi tali non tolgono moglie per qualsivoglia causa del mondo. [24] Portano il capo raso et la barba, et le lor vesti sono di canapo, nere et biave, et se fossero ancho di seda, le portarebbero di tal colore. [25] Dormono sopra stuore grosse, et fanno la piú aspra vita de tutti gli huomini del mondo. [26] Hor lasciamo di questi, et diremo d’i grandi et maravigliosi fatti del gran signor et imperator Cublai Can. |
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