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[0] Dell’isola di Zipangu. Cap. 2.

[1] Zipangu è un’isola in oriente, la qual è discosta dalla terra et lidi di Mangi in alto mare millecinquecento miglia, et è isola molto grande, le cui genti sono bianche et belle et di gentil maniera. [2] Adorano gl’idoli et mantengonsi per se medesimi, cioè che si reggono dal proprio re. [3] Hanno oro in grandissima abbondanza, perché ivi si trova fuor di modo et il re non lo lascia portar fuori; però pochi mercatanti vi vanno, et rare volte le navi d’altre regioni. [4] Et per questa causa diremovi la grand’eccellenza delle ricchezze del palazzo del signore di detta isola, secondo che dicono quelli c’hanno prattica di quella contrada: v’ha un gran palazzo tutto coperto di piastre d’oro, secondo che noi copriamo le case o vero chiese di piombo, et tutti i sopracieli delle sale et di molte camere sono di tavolette di puro oro molto grosse, et cosí le finestre sono ornate d’oro. [5] Questo palazzo è cosí ricco che niuno potrebbe giamai esplicare la valuta di quello. [6] Sono anchora in questa isola perle infinite le quali sono rosse, ritonde et molto grosse, et vagliono quanto le bianche, et piú. [7] Et in questa isola alcuni si sepeliscono quando son morti, alcuni s’abbrucciano, ma a quelli che si sepeliscono vi si pone in bocca una di queste perle, per esser questa la loro consuetudine. [8] Sonvi etiandio molte pietre preciose. [9] Questa isola è tanto ricca che per la fama sua il Gran Can ch’al presente regna, che è Cublai, deliberò di farla prendere et sottoporla al suo dominio. [10] Mandò adunque duoi suoi baroni con gran numero di navi piene di gente per prenderla, de’ quali uno era nominato Abbaccatan et l’altro Vonsancin, quali, partendosi dal porto di Zaitum et Quinsai, tanto navigorono per mare che pervennero a questa isola. [11] Dove smontati, nacque invidia fra loro, che l’uno dispregiava di obedire alla volontà et consiglio dell’altro, per la qual cosa non poteron pigliare alcuna città o castello, salvo che uno che presono per battaglia, però che quelli ch’erano dentro non si volsero mai rendere: onde, per comandamento d’i detti baroni, a tutti furono tagliate le teste, salvo che a otto huomini, li quali si trovò c’havevano una pietra preciosa incantata per arte diabolica cucita nel braccio destro fra la pelle et carne, che non potevano esser morti con ferro né feriti. [12] Il che intendendo, quei baroni fecero percotere li detti con un legno grosso, et subito morirono. [13] Avvenne un giorno che ’l vento di tramontana cominciò a soffiar con grande impeto, et le navi de’ Tartari, ch’erano alla riva dell’isola, sbattevano insieme. [14] Li marinari adunque consigliatisi deliberorono slontanarsi da terra, onde, entrato l’essercito nelle navi, si allargorono in mare, et la fortuna cominciò a crescere con maggior forza, di sorte che se ne ruppero molte, et quelli che v’erano dentro, notando con pezzi di tavole, si salvorono ad una isola vicina a Zipangu quattro miglia. [15] Le altre navi che non erano vicine, scapolate dal naufragio con li duoi baroni, havendo levati gli huomini da conto, cioè li capi de’ centenari di mille et diecemila, drizzorono le vele verso la patria et al Gran Can. [16] Ma i Tartari rimasti sopra l’isola vicina (erano da circa trentamila), vedendosi senza navi et abbandonati dalli capitani, non havendo né arme da combattere né vettovaglie, credevano di dovere essere presi et morti, massimamente non vi essendo in detta isola habitatione dove potessero ripararsi. [17] Cessata la fortuna et essendo il mare tran|50v|quillo et in bonaccia, gli huomini della grande isola di Zipangu, con molte navi et grande essercito, andorono all’isola vicina per pigliar li Tartari che ivi s’erano salvati, et smontati delle navi si missero ad andarli a trovare con poco ordine. [18] Ma li Tartari prudentemente si governorono, percioché l’isola era molto elevata nel mezzo, et mentre che li nimici per una strada s’affrettavano di seguitarli, essi andando per un’altra circondorono a torno l’isola et pervennero alli navilii delli nimici, quali trovorono con le bandiere et abbandonati; et sopra quelli immediate montati andorono alla città maestra del signor di Zipangu, dove, vedendosi le loro bandiere, furono lasciati entrare, et quivi non trovorono altro che donne, le qual tennero per loro uso, scacciando fuori tutto il resto del popolo. [19] Il re di Zipangu, intesa la cosa come era passata, fu molto dolente, et subito se ne venne a mettere l’assedio, non vi lassando entrare né uscire persona alcuna, qual durò per mesi sei; dove, vedendo i Tartari che non potevano haver aiuto alcuno, al fine si resero salve le persone: et questo fu correndo gli anni del Signore 1264. [20] Il Gran Can dopo alcuni anni, havendo inteso il disordine sopradetto, successo per causa della discordia d’i duoi capitani, fece tagliar la testa ad un di loro, l’altro mandò ad una isola salvatica detta Zorza, dove suol far morire gli huomini che hanno fatto qualche mancamento, in questo modo: gli fa ravolgere tutte due le mani in un cuoio di buffalo allhora scorticato et strettamente cucire, qual come si secca si strigne talmente intorno che per niuno modo si può movere, et cosí miseramente finiscono la loro vita, non possendosi aiutare.