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[0] Della provincia di Malabar. Cap. 20.

[1] Partendosi dall’isola di Zeilan, et navigando verso ponente miglia sessanta, si trova la gran provincia di Malabar, la qual non è isola ma terra ferma, et si chiama India Maggior, per essere et la piú nobile et la piú ricca provincia che sia al mondo. [2] Sono in quella quattro re, ma il principale, che è capo della provincia, si chiama Senderbandí. [3] Nel suo regno si pescano le perle, cioè che fra Malabar et l’isola di Zeilan vi è un colfo o vero seno di mare, dove l’acqua non è piú alta di dieci in dodici passa, et in alcuni luoghi duoi passa, et pescansi in questo modo: che molti mercatanti fanno diverse compagnie, et hanno molte navi et barche grandi et piccole, con ancore per potere sorger, et menano seco huomini salariati, che sanno andare nel fondo a pigliar le ostriche, nelle quali sono appiccate le perle, et le portano di sopra in un sacchetto di rete ligato al corpo, et poi ritornano di nuovo, et quando non possono sostenire piú il fiato vengono suso, et stati un poco se ne descendono, et cosí fanno tutto il giorno. [4] Et pigliansi in grandissima quantità, delle quali si fornisce quasi tutto il mondo, per essere la maggior parte di quelle che si pigliano in questo colfo tonde et lustri. [5] Il luogo dove si trovano in maggior quantità dette ostriche si chiama Betala, che è sopra la terra ferma, et di lí vanno al dritto per sessanta miglia per mezzogiorno. [6] Et essendovi in questo colfo pesci grandi che uccideriano i pescatori, però i mercatanti conducono alcuni incantatori di una sorte di Bramini, quali per arte diabolica sanno constringere et stupefare i pesci, che non li fanno male; et perché pescano il giorno, però la sera desfanno l’incanto, temendo che alcuno nascosamente, senza licenza d’i mercatanti, non discenda la notte a pigliar le ostriche: i ladri, che temono detti pesci, non osano andarvi di notte. [7] Questi incantatori sono gran maestri di saper incantare tutti gli animali, et ancho gli uccelli. [8] Questa pescagione |53v| comincia per tutto il mese di aprile fino a mezzo maggio, la qual comprano dal re, et li danno solamente la decima (e ne cava grandissima utilità), et alli incantatori la vigesima. [9] Finito detto tempo piú dette ostriche non si trovano, ma fanno passaggio ad un altro luogo, distante da questo colfo trecento et piú miglia, dove si trovano per il mese di settembre fino a mezzo ottobrio. [10] Di queste perle, oltre la decima che danno i mercatanti, il re vuol tutte quelle che sono grosse et tonde, et le paga cortesemente, sí che tutti gliele portano volentieri. [11] Il popolo di questa provincia in ogni tempo va nudo, eccetto che (come è detto) si coprono le parti vergognose con un drappo, et il re similmente va come gli altri: vero è ch’ei porta alcune cose per honorificentia regale, cioè a torno il collo una collana piena di pietre preciose, zafiri, smeraldi et rubini, che vagliono un gran thesoro; li pende al collo anchor un cordone di seda sottile che discende fin al petto, nel quale sono cento et quattro perle grosse et belle et rubini, che sono di grande valuta. [12] Et la causa è questa, perché gli conviene ogni giorno dir cento et quattro orationi all’honor de’ suoi idoli, perché cosí comanda la lor legge et cosí osservarono i re suoi predecessori. [13] La oratione che dicono ogni giorno sono queste parole: «Pacauca, Pacauca, Pacauca», et le dicono cento et quattro volte. [14] Item porta alle braccia in tre luoghi braccialetti d’oro ornati di perle et gioie, et alle gambe in tre luoghi centole d’oro, tutte coperte di perle et gioie, et sopra i diti d’i piedi et delle mani, che è cosa maravigliosa da vedere, né che stimare si potesse la valuta: ma a questo re è facile, nascendo tutte le gioie et perle nel suo regno. [15] Questo re ha ben mille concubine et mogli, perché, subito ch’ei vede una bella donna, la vuol per sé: et per questo tolse la moglie che era di suo fratello, qual, per essere huomo prudente et savio, sostenne la cosa in pace et non fece altro scandalo, anchor che molte volte fusse in procinto di farli guerra; ma sua madre li mostrava le mammelle, dicendogli: «Se farete scandalo intra voi, mi taglierò le mammelle che vi hanno nudrito», et cosí rimaneva la questione. [16] Ha anchora questo re molti cavallieri et gentilhuomini, che si chiamano fedeli del re in questo mondo et nell’altro. [17] Questi servono al re nella corte, et cavalcano con lui standoli sempre appresso, et come va il re questi l’accompagnano, et hanno gran dominio in tutto il regno. [18] Quando el muore, si abbruccia il suo corpo: allhora tutti questi suoi fedeli si gettano volontariamente lor medemi nel fuogo et si abbrucciano, per causa d’accompagnarlo nell’altro mondo. [19] In questo regno è anchora tal consuetudine, che quando muore il re i suoi figliuoli che succedono non tocchano il thesoro di quello, perché dicono che saria sua vergogna che, succedendo in tutto il regno, lui fosse cosí vile et da poco che ’l non se ne sapesse acquistare un altro simile: et però è opinione che si conservi infiniti thesori nel palazzo del re, per memoria degli altri passati. [20] In questo reame non nascono cavalli, et per questa causa il re di Malabar et gli altri quattro re suoi fratelli consumano et spendono ogni anno molti danari in quelli, perché ne comprano dalli mercatanti di Ormus, Diufar, Pecher et Adem, et di altre provincie, che glieli conducono: et si fanno ricchi, perché gliene vendono di do et cinquemila per cinquecento sazzi d’oro l’uno, che vagliono cento marche d’argento; et in capo dell’anno non ne rimangono vivi trecento, perché non hanno chi li sappino governare, né mariscalchi che li sappino medicare, et bisogna che ogni anno li rinovino. [21] Ma io penso che l’aere di questa provincia non sia conforme alla natura d’i cavalli, perché ivi non nascono, et però non si possono conservare. [22] Li danno da mangiare carne cotta con risi, et molti altri cibi cotti, perché non vi nasce altra sorte di biave che risi. [23] Se una cavalla grande sarà pregna di qualche bel cavallo, non però partorisce se non un poledro piccolo, mal fatto et con li piedi storti, et che non è buono per cavalcare. [24] Si osserva in detto regno questa altra consuetudine, che quando alcuno ha commesso qualche delitto, per il quale si giudichi ch’ei meriti la morte, et il signore lo voglia far morire, allhora il condannato dice ch’egli si vuole uccidere ad honore et riverentia di tal idolo, et immediate tutti i suoi parenti et amici lo pongono sopra una cathedra, con dodici coltelli ben ammolati et taglienti, et portanlo per la città esclamando: «Questo valent’uomo si va ad ammazzar se medesimo per amor di tal idolo». [25] Et giunti al luogo dove si dee far giustizia, quel che dee morire piglia due coltelli et grida in alta voce: «Io m’uccido per amor di tal idolo», et subito in un colpo si darà due ferite nelle cosse, et dipoi due nelle braccia, due |54r| nel ventre et due nel petto, et cosí ficca tutti i coltelli nella sua persona, gridando ad ogni colpo: «Io mi uccido per amor di tal idolo». [26] Et poi che s’ha fitti tutti i coltelli nella vita, l’ultimo si ficca nel cuore, et subito muore. [27] Allhora i suoi parenti con grande allegrezza abbrucciano quel corpo, et la moglie immediate si getta nel fuogo, lasciandosi abbrucciare per amor del marito: et le donne che fanno questo sono molto laudate dall’altre genti, et quelle che non lo fanno sono vituperate et biasimate. [28] Questi del regno adorano gl’idoli, et per la maggior parte adorano buoi, perché dicono il bue è cosa santa, et niuno mangierebbe delle carni del bue per alcuna causa del mondo. [29] Ma vi è una sorte d’huomini, che si chiamano “gavi”, i quali, benché mangino carne di bue, non però ardiscono di ucciderli, ma quando alcun bue muore di propria morte, o vero altrimenti, essi gavi ne mangiano, et tutti imbrattano le loro case de stercho de’ buoi. [30] Hanno queste genti per costume di sedere in terra sopra tapedi, et se sono dimandati perché ciò fanno, dicono che ’l sedere sopra la terra è cosa molto honorata, perché essendo noi di terra ritorneremo in terra, et niuno potrebbe mai tanto honorare la terra che fosse bastevole, et però non si dee dispregiarla. [31] Et questi gavi et tutti della sua progenie sono di quelli, i predecessori de’ quali ammazzorono san Tommaso apostolo, et niuno delli detti potria entrare nel luogo dove è il corpo del beato apostolo, anchor che vi fosse portato per dieci huomini, perché detto luogo non riceve alcuno di loro, per la virtú di quel corpo santo. [32] In questo regno non nasce alcuna biada, se non risi et susimani. [33] Queste genti vanno alla battaglia con lancie et scudi, et sono nude, et sono genti vili et da poco, senza alcuna prattica di guerra. [34] Non ammazzano bestie alcune o vero animali, ma quando vogliono mangiar carne di montoni o altre bestie o vero uccelli, le fanno uccidere da’ Sarraceni et da altre genti che non osservano i costumi et leggi loro. [35] Si lavano, cosí huomini come donne, due volte il giorno in acqua tutto il corpo, cioè la mattina et la sera, altrimenti non mangiariano né beveriano, se prima non fussero lavati: et quello che non si lavasse due volte il giorno saria tenuto come heretico. [36] Et è da sapere che nel suo mangiare adoperano solamente la mano destra, né toccariano cibo alcuno con la mano sinistra, et tutte le cose monde et belle operano et toccano con la mano destra, perché l’officio della mano sinistra è solamente circa le cose necessarie brutte et immonde, come saria far nette le parti vergognose et altre cose simili a queste. [37] Item bevono solamente con boccali, et ciascuno col suo, né alcuno beveria con il boccale d’un altro, et quando bevono non si mettono il boccale alla bocca, ma lo tengono elevato in alto et gettansi il vino in bocca, né toccariano il boccale con la bocca per alcuno modo, né dariano bere con quei boccali ad alcun forestiere; ma, se il forestiero non haverà vaso proprio da bere, essi gli gettano del vino intra le mani et egli berà con quelle, adoperando le mani in luogo d’una tazza. [38] In questo regno si fa grandissima et diligente giustitia di cadauno maleficio; et de’ debiti si osserva tal ordine appresso di loro: se alcun debitore sarà piú volte richiesto dal suo creditore, et ei vada con promissioni differendo di giorno in giorno, et il creditore lo possa toccare una volta, talmente ch’ei li possa designare un circolo a torno, il debitore non uscirà fuor di quel circolo fin che non harà sodisfatto al creditore, o vero gli darà una cautione che sarà sodisfatto; altramente, uscendo fuori del circolo, come trasgressore della ragione et giustitia sarà punito col supplicio della morte. [39] Et vidde il sopradetto messer Marco nel suo ritorno a casa, essendo nel detto regno, che, dovendo dare il re ad un mercatante forestiero certa somma di denari, et essendo piú volte stà richiesto, lo menava con parole alla lunga; un giorno, cavalcando per la terra il re, et il mercatante trovata l’opportunità, li fece un circolo a torno, circuendo ancho il cavallo: il che vedendo, il re non volse con il cavallo andar piú oltra, né de lí si mosse fin che ’l mercatante non fu sodisfatto. [40] La qual cosa veduta dalle genti circonstanti, molto si maravigliorono, dicendo che giustissimo era il re, havendo ubidito alla giustitia. [41] Detti popoli si guardano grandemente da bere vino fatto de uva, et quello che ne bee non si riceve per testimonio, né quello che naviga per mare, perché dicono che chi naviga per mare è disperato, et però non lo ricevono in testimonio. [42] Non reputano che la lussuria sia peccato. [43] Et vi è cosí gran caldo che gli è una cosa mirabile, et però vanno nudi; et non hanno pioggia se non solamente del mese di giugno, luglio et agosto, et se ’l non fusse quest’acqua, che |54v| piove questi tre mesi, che dà refrigerio all’aria, non si potria vivere. [44] Ivi sono anchora molti savii in una scientia che si chiama fisionomia, la quale insegna a conoscere la proprietà et qualità degli huomini che sono buoni o cattivi: et questo conoscono subito che veggono l’huomo et la donna. [45] Conoscono ancho quel che significa incontrandosi in uccelli o bestie, et danno mente al volare degli uccelli piú di tutti gli huomini del mondo, et preveggono il bene et male. [46] Item per cadauno giorno della settimana hanno una hora infelice, qual chiamano choiach, come il giorno del lunedí l’hora di mezza terza, il giorno del martedí l’hora di terza, il giorno di mercoledí l’hora di nona, et cosí di tutti i giorni per tutto l’anno, li quali hanno descritti et determinati ne’ suoi libri; et conoscono l’hore del giorno al conto de’ piedi che fa l’ombra dell’huomo quando sta ritto, et si guardano in tal hore di far mercadi o altre facende di mercantie, perché dicono che li vengono male. [47] Item, quando nasce alcun fanciullo o fanciulla in questo regno, subito il padre o la madre fanno metter in scritto il giorno della sua natività et della luna il mese et l’hora: et questo fanno perché esercitano tutti i suoi fatti per astrologia. [48] Et tutti quelli c’hanno figliuoli mascoli, subito che sono in età d’anni tredeci, li licentiano di casa, privandoli del vivere di casa, perché dicono che horamai sono in età di potersi acquistar il vivere, et far mercantie et guadagnare: et a cadauno danno venti o ventiquattro grossi, o vero moneta di tanta valuta. [49] Questi fanciulli non cessano tutto il giorno correre hor qua hor là, comprando una cosa et dipoi vendendola; et al tempo che si pescano le perle corrono alli porti, et comprano dalli pescatori et da altri cinque o sei perle, secondo che possono, et portanli alli mercatanti che stanno nelle case per paura del sole, dicendoli: «A me costano tanto, datemi quello che vi piace di guadagno», et essi li danno qualche cosa di guadagno, oltra il prezzo che sono costate loro. [50] Et cosí si essercitano in molte altre cose, facendosi ottimi et sottilissimi mercatanti, et dapoi portano a casa delle lor madri le cose necessarie, et esse le cocinano et apparecchiano, ma non mangiano cosa alcuna a spese de’ padri loro. [51] Item in questo regno et per tutta l’India tutte le bestie et uccelli sono diversi dalli nostri, eccetto le quaglie, le quali si assomigliano alle nostre; ma tutte l’altre cose sono diverse da quelle che habbiamo noi. [52] Hanno pipistrelli grandi come sono astorri, et gli astorri negri come corbi, et molto maggiori de’ nostri, et volano velocemente et prendono uccelli. [53] Hanno anchora molti idoli ne’ suoi monasterii, di forma di maschio et di femmina, alli quali i padri et le madri offeriscono le figliuole; et quando l’hanno offerte, ogni volta che li monachi di quel monasterio ricercano che le venghino a dar sollazzo agl’idoli, subito vanno, et cantano et suonano faccendo gran festa: et dette donzelle sono in gran quantità et con gran compagnie, et portano molte volte la settimana a mangiare agl’idoli alli quali sono offerte, et dicono che gl’idoli mangiano, et apparecchianli la tavola avanti di loro, con tutte le vettovaglie c’hanno portato, et lascianla apparecchiata per il spatio d’una buona hora, sonando et cantando continuamente et faccendo gran sollazzo, qual dura tanto quanto un gentilhuomo potria disinare a suo commodo. [54] Dicono allhora le donzelle che gli spiriti degl’idoli hanno mangiato ogni cosa, et loro poi si pongono a mangiare atorno gl’idoli, et dipoi ritornano a casa sua. [55] Et la causa perché le fanno venire a fare queste feste è perché dicono i monachi che ’l dio è turbato et adirato con la dea, né si congiungono l’un con l’altro né si parlano, et che, se non faranno pace, tutte le facende loro andranno di male in peggio et non vi daranno la benedittione et gratia sua: et però fanno venir le dette donzelle al modo sopradetto, tutte nude, eccetto che si coprono la natura, et che cantino avanti il dio et la dea. [56] Et hanno opinione quelle genti che ’l dio molte volte si solaccia con quella, et che si congiungano insieme. [57] Gli huomini hanno le loro lettiere di canne leggerissime, et con tale artificio che, quando vi sono dentro et vogliono dormire, si tirano con corde presso al solaro et ivi si fermano. [58] Questo fanno per schifare le tarantole, le quali mordono grandemente, et per schifare i pulici et altri vermenezzi, et per pigliare il vento, per mitigare il gran caldo che regna in quelle bande. [59] La qual cosa non fanno tutti, ma solamente i nobili et grandi, però che gli altri dormono in su le strade. [60] In la provincia detta di Malabar vi è il corpo del glorioso messer san Tommaso apostolo, che ivi sostenne il martirio: et è in una piccola città, alla qual vanno pochi mercatanti, per non |55r| essere luogo a loro proposito; ma vi vanno infiniti christiani et Sarraceni per devozione, perché dicono ch’egli fu gran propheta, et lo chiamano “anania”, cioè “huomo santo”. [61] Et li christiani che vanno a questa devotione togliono della terra di quel luogo dove egli fu ucciso, la qual è rossa, et portanla seco con riverentia, et spesso fanno miracoli, perché, distemperata in acqua, la danno a bere agli ammalati et guariscono di diverse infermità. [62] Et nell’anno del Signore 1288 un gran principe di quella terra, nel tempo che si raccogliono le biade, havea raccolto grandissima quantità di risi, et non havendo case a bastanza dove potesse riponerli, li parve di metterli nelle case della chiesa di San Tommaso, contra volontà delle guardie di quelle, quali pregavano che non dovesse occupare le case dove alloggiavano li peregrini che venivano a visitare il corpo di quel glorioso santo; ma lui, ostinato, glieli fece mettere. [63] Hor la notte seguente questo santo apostolo apparve in visione al principe, tenendo una lancetta in mano, et ponendogliela sopra la gola li disse: «Se non svoderai le case che m’hai occupato, io ti farò malamente morire». [64] Il principe, svegliatosi tutto tremante, immediate fece far quanto gli era stato comandato, et disse publicamente a tutti come l’havea veduto in visione detto apostolo. [65] Et molti altri miracoli tutto il giorno si veggono, per intercessione di questo beato apostolo. [66] I christiani che custodiscono detta chiesa hanno molti arbori che fanno le noci d’India che habbiamo scritto di sopra, quali li danno il vivere, et pagano ad un di questi re fratelli un grosso ogni mese per arbore. [67] Dicono che quel santissimo apostolo fu morto in questo modo, che essendo lui in un romitorio in horatione, vi erano intorno molti pavoni, de’ quali quelle contrade sono tutte ripiene: un idolatro della generatione d’i gavi detti di sopra, passando per ivi né vedendo detto santo, tirò con una saetta ad un pavone, la qual andò a ferire nel costato di quel santissimo apostolo, qual, sentendosi ferito, referendo gratia al nostro Signor Dio rese l’anima a quello. [68] In detta provincia di Malabar gli habitanti sono negri, ma non nascono cosí come essi si fanno con artificio, perché reputano la negrezza per gran beltà, et però ogni giorno ungano li fanciullini tre volte con olio di susimani. [69] Li idolatri di questa provincia fanno le imagini delli suoi idoli tutte nere, et dipingono il diavolo bianco, dicendo che tutti li demoni sono bianchi. [70] Et quelli che adorano il bue, come vanno a combattere, portano seco del pelo del bue salvatico, et li cavallieri legano del detto pelo alle crene del cavallo, tenendolo che il sia di tanta santità et virtú che cadauno che l’ha sopra di sé sia sicuro da ogni pericolo: et per questa causa i peli de’ buoi salvatichi vagliono assai danari in quelle parti.

Z, 107

Hic naratur de provincia Maabar.

[1] Cum vero discedendo ab insula Seylan itum est versus ponentem circa miliaria sexaginta, |67v| invenitur magna provincia Maabar, que nuncupatur India Maior, videlicet nobilior India que sit. [2] In ista quidem provincia quatuor reges sunt, omnes fratres germani; et de singulis per se dicemus. [3] Et pro certto noveritis quod provincia ista est nob‹i›lior et ditior aliqua que reperiatur in mundo. [4] Et dicemus qualiter. [5] In capite vero huius provincie permanet unus istorum fratrum, nomine Sender Bandi Devar, qui principalis est et maior. [6] In isto suo regno inveniuntur perule multum grosse, et pulcre et bone. [7] Et noveritis quod maior quantitas perularum et preciosorum lapidum que inveniatur, invenitur in Maabar et Seylan. [8] Dicemus vero qualiter in isto regno lapides et perule inveniuntur. [9] Est enim in isto mari quidam gulfus, qui est inter insulam et terram firmam. [10] Et in toto isto gulfo non est aqua alta ultra decem vel duodecim passus, et in aliquibus locis non est alta nisi per duos passus. [11] In isto gulfo inveniuntur perule in hunc modum. [12] Erunt plures mercatores qui insimul facient comitivam et consortium, et accipient unam magnam navem, specialiter ad hoc aptam, in qua quilibet per se cameram habebit, sibi ydoneam et paratam, et in ea unum mastellum plenum aqua et alia oportuna. [13] Et multe erunt huiusmodi naves, quia multi mercatores sunt qui ad hanc piscationem atendunt. |68r| [14] Et omnes mercatores qui simul asociati fuerint in una navi habebunt plures barcas que navem trahent per gulfum. [15] Et inveniunt multos homines pretio, cum quibus conveniunt pro mense aprilis et dimidio mensis madii, videlicet quia tanto tempore et in illo durat piscatio infrascripta in dicto gulfo, in quodam loco qui dicitur Bettala. [16] Et intra‹n›t in mare per miliaria sexaginta; et cum ad locum pervenerint, navis ancoratur. [17] Et homines existentes in barchis, qui pro mercede premii veniunt, se submergunt in aquam per passus .IIII., et .V., usque ad .XII., secundum quod aqua magis et minus profunda in quolibet loco. [18] Et in fundo invenientes caperas, ipsas sursum adducunt; in quibus inveniuntur grose et minute perule, et de qualibet manerie. [19] Iste quidem capere scinduntur et in supradictis mastelis aque plenis ponuntur qui in navibus sunt, quia perule in carnibus istarum caperarum sunt. [20] Et dum in aqua mastelli permanent, carnes ille deremituntur et putrescunt, et sicut albumen ovi eficiuntur; que tunc supernatant et perule in fundo remanent expurgate. [21] Et statim cum finitur mensis aprilis et dimidium madii, finitur illa piscatio, quia non posunt amplius inveniri. [22] Sed transitum fatiunt per trecenta miliaria longe abinde, ubi inveniuntur per totum mensem septembris et dimidium octubris capere nominate. [23] Mercatores vero, de perulis istis sive |68v| de caperis, huiusmodi rectitudinem solvunt. [24] Nam regi dant decimam partem de ipsis. [25] Item decimam partem dant incantatori piscium, qui homines non offendant dum in aqua pro inveniendis caperis se submergunt. [26] Et isti qui incantant pisces in die vocantur braaman. [27] Sed incantant ipsos de die solum: nam veneficia rumpunt in nocte. [28] Item isti abraaman similiter incantare sciunt omnia animalia. [29] In toto regno sive provincia Maabar vacant lucra sartorum: nam necessarii non sunt ibi, quoniam gentes toto tempore vadunt nude, excepto quod naturam coperiunt cum uno pano. [30] Et similiter vadit rex nudus, et solummodo coperit naturam suam. [31] Verum est quod alias res fert, quas vobis dicemus, ex honore regio. [32] Circa collum habet armillam unam totam plenam perulis magnis et lapidibus preciosis, videlicet zafiris, et rubinis et aliis lapidibus pulcris, ita quod valet magno thesauro. [33] Pendet etiam ad collum regis quedam corda subtillis de syrico, descendens per ante pectus; et in ista corda sunt centum et quatuor inter perulas magnas, grossas et pulcras et rubinos, qui sunt magni valoris. [34] Et dicemus causam quare in illa corda sunt centum et quatuor inter lapides et perulas. [35] Centum et quatuor ideo portat, quia ad honorem suorum ydolorum ipsum oportet singulis diebus, mane et sero, centum .IIII. dicere orationes. [36] Et sic ||69r| lex eorum precipit, quia reges predecessores sui eundem modum servarunt et isti dimiserunt observandum. [37] Et hec est causa quare portat ad collum centum et quatuor. [38] Oratio vero hec est: «Pauca, pauca, pacauca». [39] Et aliud non dicunt. [40] Item rex portat, in tribus locis brachiorum, bracerias aureas totas superornatas perulis et lapidibus preciosis magni valoris. [41] Portat etiam iste rex, in tribus locis crurium, centas aureas coopertas perulis et lapidibus preciosis. [42] Et per totum super pedes et digitos portat lapides et perulas, ita quod est mirabile ad videndum. [43] Et nullus posset numerum valoris dicere nec taxare. [44] Et hoc non est mirabile, quoniam illi lapides preciosi et perule inveniuntur in regno suo. [45] Nemo quidem extrahere potest de eius regno aliquem lapidem grossum neque perulam qui sit ponderis a dimidio sadio supra. [46] Et rex mitit precipiendo per totum regnum suum quod omnes habentes pulcras perulas et bonos lapides debeant ipsos portare ad curiam: nam eis impendere faciet duplum valoris eius quo constiterit. [47] Et hec est consuetudo regni: dare duplum eius quo lapides constant. [48] Et quando mercatores et alie gentes habent de istis lapidibus et perulis, libenter ad curiam portant, quoniam eis plenarie satisfactum est. [49] Et hec est causa quare rex habet tantas divicias et tot lapides preciosos. [50] Item iste rex habet bene mille inter concubinas |69v| et uxores, quoniam, statim cum videt aliquam pulcram mulierem, eam accipit in uxorem. [51] Et dicemus vobis quoddam ineptum quod commisit. [52] Vidit itaque unam pulcram mulierem, que uxor fratris erat; quam aripiens, retinuit pro se. [53] Et frater, qui sapiens erat, in pace substinuit nec scandalum ei comovit. [54] Et hec fuit causa quia tamen multocies in procinctu fuit contra ipsum gueram comovendi. [55] Sed mater eorum eis ostendebat mammas dicens: «Si inter vos scandalum movebitis, incidam michi mammas que vos enutriverunt». [56] Et sic remanebat questio. [57] Ittem vobis extraneum novum dicemus, videlicet quod iste rex multos habet fideles in hunc modum, quia sunt fideles regis in hoc mundo et in alio, secundum quod referunt. [58] Et de hoc audietis mirabile. [59] Isti fideles serviunt regi in curia, et equitant secum et habent magnum dominium et locum erga ipsum. [60] Et quocumque rex vadit, isti ipsum asotiant et habent magnum dominium in toto regno. [61] Et cum rex moritur, corpus ipsius comburitur. [62] Et tunc omnes isti sui fideles se simul in ignem proiciunt cum rege et cum ipso comburruntur causa assotiandi ipsum in alio seculo. [63] Est etiam in hoc regno consuetudo talis, quod, cum rex moritur, multum relinquit thesaurum, et filii qui succedunt non tangunt de ipso. [64] Dicunt enim: «Ego possideo totum regnum patris mei et omnes gentes; ergo bene possum michi procurare thesaurum quemadmodum ipse fecit». [65] Et |70r| per hunc modum non tangunt thesaurum regum istius regni ‹sed› unus alii dimitit; et quilibet congregat thesaurum; quare tantus thesaurus habetur in regno. [66] Ittem in hoc regno non nascuntur equi; et ideo totus thesaurus quem recolligunt, vel maior pars, consumitur in emendo equos. [67] Et dicemus qualiter. [68] Noveritis itaque quod illi de Cormos, de Qisci, ‹de› Dufar, de Descer, et de Adan et de aliis provinciis habent multos equos. [69] Et mercatores istarum provinciarum inveniunt bonos equos, et onerant naves de ipsis et portant isti regi et fratribus suis, qui quatuor reges sunt. [70] Et vendunt unum bene quingentis sadiis auri, et pluribus et paucioribus secundum quod equi sunt. [71] Et iste rex bene emit singulis annis plures equos duobus milibus, et fratres eius totidem. [72] Et in capite anni nullus ipsorum habet centum: nam omnes moriuntur, quoniam eos nesciunt custodire. [73] Non habent marescalcos; quare mala cura et custodia moriuntur. [74] Et mercatores qui equos istos ducunt ad vendendum non ducunt neque ire dimitunt ad partes illas aliquem mareschalcum: nam gaudent quod equi breviter moriantur, ad hoc ut equos suos possint vendere sicut volunt. [75] Ittem in hoc regno talis consuetudo est, quod quando aliquis aliquod maleficium comiserit propter quod mori censeatur et dominus velit facere ipsum mori, ipse tunc dicet qui moriturus est quod ipsemet se velit occidere |70v| ad reverentiam et honorem talium ydolorum. [76] Cui oficiales dicent sibi placere. [77] Tunc omnes consanguinei et amici illius qui se interficere debet ponunt ipsum super quandam cathedram et iuxta apponunt duodecim gladios sive cultelos. [78] Tunc portant ipsum per totam civitatem clamando: «Iste valens homo se vadit ad interficiendum ipsemet propter amorem talium ydolorum!». [79] Et per hunc modum portant ipsum per civitatem. [80] Et cum ad locum pervenerit ubi iusticia debet fieri, ille qui mori debet accipiet duos ex gladiis et alta voce clamans: «Ego me occido propter amorem talium ydolorum!», statim in uno ictu gladios afiget in coxis, postmodum duos in brachiis, duos in ventre, duos in pectore, et sic omnes figit, pro quolibet ictu clamando: «Me occido amore talium ydolorum!». [81] Et omnibus fixis, tunc habens unum cultelum cum duobus manubriis, similem illis cum quibus circuli laborantur, ipsum postponit ad occiput, et fortiter ad se trahens, sibi collum trucidit, quia optime est ille cultelus acutus, et moritur ipso facto. [82] Tunc consanguinei eius cum magno gaudio corpus ipsum comburunt. [83] Item alia consuetudo habetur in regno, videlicet quod cum aliquis homo mortuus est et corpus suum comburitur, eius uxor in igne prohicitur se dimitens comburrere amore viri sui. [84] Et mulieres que hoc |71r| faciunt multum ab aliis gentibus collaudantur. [85] Et multe sunt que faciunt, sed non omnes. [86] Isti de hoc regno adorant ydola, et pro maiori parte boves. [87] Dicunt enim quod bos sit bona res valde, et nemo de carnibus bovum comederet aliqua causa mundi. [88] Sed ibi est quoddam genus hominum qui nuncupantur “gavi”, et isti bene comedunt carnes bovinas. [89] Non quod audeant occidere, sed quando aliquis bos propria morte moritur vel aliter, isti “gavi” comedunt bene ipsum. [90] Et intingunt omnes domus eorum de stercoribus bovum. [91] Habent etiam aliam consuetudinem, videlicet quod rex, et barones et omnes alie gentes sedent super terram. [92] Et quando requiruntur quare hoc faciant et quare magis honorate non sedent, dicunt quod sedere super terram est satis honorabile, quia de terra fuimus et in terra revertemur; et ideo nullus posset nimis honorare terram et nullus debet ipsam despicere. [93] Et etiam isti “gavi” et omnes eorum progenies sunt illi quorum predecessores interfecerunt sanctum Thomam apostolum. [94] Et nullus de eorum progenie posset intrare locum ubi est corpus beati Thome, quia locus ipsos non recipit propter virtutem corporis sancti. [95] In isto regno non oritur aliqua seges, nisi solummodo risus et suximani. [96] Et unum mirabile narabimus, quod si unus magnus dextrarius cum una dextraria magna cohyret, nasceretur parvus puledrus, qui esset tortus pedes et nullius valoris causa equitandi. |71v| [97] Iste vero gentes ad prelium vadunt cum lanceis et clipeis, et sunt nude; et non sunt valentes neque probe, sed sunt viles et tristes. [98] Non occidunt aliquas bestias vel animalia, sed quando volunt carnes comedere, arietum vel aliarum bestiarum vel avium, faciunt ipsas a sarracenis occidi et ab aliis gentibus que mores eorum et legem non servant. [99] Habent insuper consuetudinem aliam, videlicet quod omnes, tam masculi quam femine, lavant se bis in die in aqua totum corpus, videlicet in mane et in sero; aliter nunquam comederent neque biberent priusquam essent loti. [100] Et ille qui se non lavaret bis in die tanquam hereticus teneretur. [101] Et debetis scire quod in comestione solummodo dexteram manum exercent nec cum sinistra aliquid tangunt de cibo. [102] Et omnia munda et pulcra cum manu dextera operantur et tangunt: nam officium sinistre est solummodo circa necessaria turpia et immunda, sicut tergere nares, anum, et similia hiis. [103] Item bibunt cum bochyalibus solum, et quilibet cum suo; nec aliquis biberet cum alterius bochyali. [104] Et cum bibunt bochyale ori non apponunt, sed ipsum retinentes sursum elevatum, in os potationem infundunt; nec aliquo modo cum ore tangerent bochyale, nec darent cum illis bochyalibus aliquibus forensibus ad potandum. [105] Sed si forensis secum vas proprium non habebit, |72r| si bibere volet, ipsi infundent ei potationem sive vinum intra manus, et de manibus bibet, ita quod manus proprie erunt cupa. [106] In isto regno maxima et diligens iusticia exercetur de maleficiis quibuscumque. [107] Et de debitis talis ordo et statutum apud eos servatur, ut si quis debitor, a creditore super solutionem debiti pluries requisitus, cum promisionibus vadat de die in diem continue deferendo, et creditor debitorem ipsum taliter valet atingere quod circum ipsum possit circulum unum signare, debitor illum circulum non exibit nisi prius satisfecerit creditori, aut sibi faciet ydoneam cautionem et firmam quod sibi erit eadem die integraliter satisfactum. [108] Aliter vero, si ‹i›nsoluto debito aut de satisfaciendo creditori eadem die non prestita cautione debitor circulum ipsum exire temere atemptaret, tanquam transgresor iuris et iusticie per dominum stabilite mortis suplicio puniretur. [109] Et hoc dominus Marcus vidit in rege. [110] Nam, cum ipse rex cuidam mercatori forensi de certis habitis ab eo satisfacere teneretur, et mercatore pluries requisitus, propter incomodum solutionem multociens terminasset, mercator, quia propter eius agenda dilacio sibi erat nociva, dum quadam die rex spatiando equitaret per terram, statim paratus ipsum regem cum toto equo in terra |72v| cum uno circulo circuivit. [111] Quod dum vidit, rex equum suum ulterius non processit nec se movit de loco priusquam fuerit mercatori integraliter satisfactum. [112] Et dum gentes circumstantes sic viderent, admirate fuerunt valde dicentes: «Videte qualiter rex iusticie obedivit!». [113] Quibus rex: «Ego qui iusticiam hanc stabilivi frangam ipsam quod contra me esset? [114] Ymo eam debeo pre aliis observare». [115] Ittem noveritis quod maior pars illarum gentium sibi precavet potare vinum, et ille qui vinum bibit non recipitur in testem, neque ille qui navigat per mare. [116] Dicunt enim quod ille qui navigat per mare desperatus sit; et ideo ipsum in testem non assumunt, nec testimonium suum valet. [117] Ittem luxuriam peccatum non reputant. [118] Ibi est tam intensus callor quod mirabile est; et ideo vadunt nudi. [119] Non habent pluviam nisi solummodo de mensibus iunii, iulii et augusti. [120] Et nisi foret aqua quam pluvit istis tribus mensibus, esset ita intensus callor quod nullus posset evadere; sed propter illam pluviam calor aliquantulum temperatur. [121] Sunt etiam ibi multi sapientes in quadam scientia que nuncupatur physonomia, que docet ad cognoscendum proprietates et qualitates hominum, utrum boni sint vel mali. [122] Et hoc agnoscunt statim cum hominem |73r| et mulierem vident. [123] Cognoscunt etiam multum quid significat oviare avibus vel bestiis. [124] ‹Magis› respiciunt etiam ad auspicium aliquibus hominibus de mundo et melius prevident bonum et malum. [125] Quoniam, quando aliquis ad aliquem locum pergit et in itinere audit quod aliquis stertat sive sternutet, statim in via sedet et non ultra procedit. [126] Si ille sternutet secundo, tunc surgens pergit iter suum. [127] Si non plus sternutet, tunc desistens ab itinere inchoatto revertitur versus domum. [128] Item pro qualibet die in ebdomada dicunt esse unam horam infelicem, id est “uciacham”, quam appellant “choiach”, videlicet sicut die lune hora dimidie tercie, die martis hora tercie, die mercurii hora none, et sic de singulis per totum annum; que omnia scripta et determinata habent in suis libris. [129] Et cognoscunt horas ad computum pedum, videlicet umbre hominis, ut, cum tali die umbra hominis erit longa ad mensuram .VII. pedum ex opposito solis, tunc erit hora “uciacha”, id est “coiach”; et cum transacta erit illa mensura, vel augendo vel minuendo – nam, cum sol ascendit umbra breviatur, cum descendit elongatur –, tunc non est “coiach”. [130] Et cum alia die umbra erit .XII. pedum, tunc erit “choiach”; et illa mensura transacta transactum erit et “coiach”. |73v| [131] Et omnia ista habent in scriptis. [132] Et debetis scire quod in istis horis sibi precavent a mercationibus et quibuslibet peragendis. [133] Nam, dum duo homines in actu sunt aliquid simul mercandi, aliquis ad speram solis sive radium accedet et mensurabit umbram; et si erit in termino hore illius diei, secundum quod debet esse illa die, tunc statim dicet istis: «“Coiach” est! non faciatis aliquid». [134] Et illi cessabunt. [135] Tunc mensurabit iterum, et inveniet horam illam esse transactam et dicet: «Transactum est “coiach”: faciatis quicquid vultis». [136] Et valde habent illam rationem pre manibus. [137] Dicunt enim quod si quis in illis horis aliquod mercatum perficiat, nunquam proficiet in eo, sed male sibi continget. [138] Ittem in domibus eorum quedam animalia nomine taratule conversantur, que similantur lacertis que ascendunt per muros. [139] Iste tarantule venenosum habent morsum et valde ledunt hominem si ipsum morsu attingant. [140] Vocem habent sicut dicentur: «cis»; et isto modo clamant. [141] In istis tarantulis tale habent auspicium, videlicet quod, cum aliqui insimul mercarentur in una domo ubi tarantule iste sunt, et ipsis mercantibus una tarantula clamet ibidem super eos, ipsi vident a qua parte mercatoris, sive ementis sive vendentis, videlicet utrum a p‹ar›te sinistre utrum a dextera, a parte anteriori vel posteriori vel supra capud; et secundum quamlibet partem ipsi |74r| sciunt utrum bonum significet vel malum. [142] Et si bonum, perficiunt mercatum; si malum significet, nunquam illud mercatum initur. [143] Et quandoque significat bene pro vendente et male pro emente, quandoque male pro vendente et bene pro emente, quandoque bene pro utroque vel male pro utroque. [144] Et secundum illud se regunt. [145] Ista quidem habent ab experto. [146] Ittem, quando aliquis puer vel puela nascitur in hoc regno, statim pater vel mater facit poni in scriptis diem sue nativitatis, lunam, mensem et horam. [147] Et hoc faciunt quia omnia sua facta exercent per astronomiam. [148] Item, quicumque habentes filios masculos, statim cum sunt etatis .XIII. annorum, ipsos licenceant a domo, privantes ipsos a victu domus. [149] Dicunt enim quod amodo sunt in etate qua posunt ex se acquirere sibi victum, et merciri et lucrari sicuti ipse fecit. [150] Et dat unicuique .XX. vel .XXIIII. grossos, sive monetas tanti valoris, ut cum ipsis lucrentur et acquirant. [151] Hoc quidem faciunt patres ut filii fiant experti et prompti in omnibus et mercationibus asuefient. [152] Isti quidem pueri sic faciunt: nam tota die non cessant curere nunc huc nunc illuc, emendo unum et vendendo postmodum illud idem. [153] Et tempore quo perule piscantur, curunt ad portum et emunt a piscatoribus .V. vel .VI. perulas, secundum quod piscatores habent eas, et eas portant |74v| mercatoribus qui stant in domibus timore solis, et dicunt: «Vultis istas? certe constiterunt mihi tanto. [154] Detis quicquid placet de lucro». [155] Et ipsi aliquid sibi dant de lucro supra debitum pretium; et tunc iterato currunt. [156] Vel dicunt mercatoribus: «Placet vobis quod aliquid vadam emptum?». [157] Et sic fiunt optimi et subtilissimi mercatores. [158] Ipsi vero portant necessaria ad domum matrum, et ipse eis decoquunt et parant, sed non quod aliquid comedant ad expensas patrum. [159] Item noveritis quod in isto regno et per totam Indiam sunt omnes bestie et aves diverse a nostratibus, excepta qualea solum que simulatur nostris; sed omnes alie res eorum sunt multum diverse a nostris. [160] Nam habent vespertiliones magnos quemadmodum sunt austures. [161] Habent insuper austures nigros ut sunt corvi; et sunt multo maiores nostris, et bene volant et aucupantur. [162] Equis quidem eorum dant ad comedendum carnes coctas cum risis et multas alias res coctas. [163] Habent etiam multa ydola in monasteriis suis, masculina et femenina, quibus multe domicele oferuntur in hunc modum: quoniam patres et matres offerunt ipsas ydolis que magis placent eis. [164] Et cum ipsas obptulerint, quociescumque monacus illius monasterii cui sunt oblate requirit ipsas |75r| ut veniant ad solatiandum ydola, statim veniunt, et canunt, et pulsant et faciunt magnum festum. [165] Et ‹sunt› hec domicele in multa quantitate: nam faciunt magnas fratalias. [166] Et iste domicelle, quam pluries in ebdomada et in mense, portant ad comedendum ydolis quibus sunt oblate, et dicunt quod ydola comederint. [167] Ipse quidem preparant carnes et alias res bonas; et vadunt ad monasterium suorum ydolorum, et apponunt coram ipsis mensam cum omnibus victualibus que portaverint et dimitunt esse per magnam horam pulsando et canendo continuo et faciendo magnum solatium. [168] Et cum egerint tantum istud solatium quod quidam baro ad suum comodum comediset, dicunt tunc domicele quod spiritus ydolorum totam substantiam comederunt; et accipiunt et comedunt ea, circa ydola, cum magno solatio. [169] Postmodum quelibet ad domum revertitur. [170] Et ita faciunt iste domicelle donec virum accipiunt. [171] Et quare faciunt solatia ista ydolis? quia presbiteri ydolorum multociens dicunt: «Deus conturbatus est cum dea; nec unus coniungitur cum altera nec insimul sibi locuntur. [172] Et ex quo irati et conturbati sunt, nisi reconcilientur et simul pacem faciant, omnia negotia nostra erunt adversa et procedent de malo in peius, quia benedicionem et gratiam suam non impe‹n›dent». [173] Et ideo domicele predicte |75v| modo supradicto vadunt ad monasterium; et sunt omnes nude, excepto quod coperte sunt naturam; et canunt coram deo et dea. [174] Nam deus per se stat in uno altari sub una cuba, et dea per se in alio altari sub alia cuba; et dicunt gentes ille quod deus solatietur cum ea multociens et simul coniungantur, ita quod, cum conturbantur, simul non se coniungunt. [175] Et tunc iste domicelle supradicte illuc veniunt ad pacificandum eos; et cum ibi sunt, in‹cipiunt› cantare, tripudiare, salire, tumbare et diversa solatia facere ad comovendum deum et deam ad leticiam et ipsos reconciliandum. [176] Et sic solaciando dicunt: «O Domine, quare conturbamini cum dea et non curatis de ipsa? nonne ipsa est pulcra, none placibilis? certe sic. [177] Placeat vobis reconciliari secum et sumere delectationem cum ea, quia certe valde placibilis est». [178] Et tunc illa que sic dixerit, ad solatium dei et dee, elevabit gambam supra collum et faciet unum girum circum. [179] Et cum satis solatiate fuerint vadunt ad domum. [180] Et in mane presbiter ydolorum pro magno gaudio nunciabit quod viderit deum cum dea coniungi et quod factum est concordium inter eos. [181] Et tunc omnes gaudent et regratiantur. [182] Iste quidem domicelle, dum domicelle sunt, ita sunt dure carnes quod nullus posset eas in aliqua parte modo aliquo comprehendere vel piçigare. |76r| [183] Et pro uno denario parvo consentirent uni homini ut ipsas pizigaret quantum posset. [184] Quando maritate sunt etiam sunt dure carnes, sed non sic. [185] Earum mamile propter duriciem non pendent, ymo stant sublevate et irte. [186] Homines habent eorum leterias de canis valde leves, ita artificiatas quod ipsis intus existentibus, dum volunt dormire, con cordis se trahunt iuxsta solarium superius et ibi se firmant. [187] Hoc quidem faciunt propter evitationem taratularum supradictarum que valde mordent, et pulicum et aliarum vermium, et etiam propter asumendam auram ad extinguendum calorem. [188] Hoc non faciunt omnes, sed solum nobiles et maiores domus. [189] Nam alii dormiunt in viis. [190] Et dicemus vobis, de nobili iusticia regis, quod, dum homines in nocte proficiscuntur et dormire velint, ‹si› habent saccum unum de perulis vel alterius thesauri – quia de nocte magis quam de die propter depressiorem calorem faciunt iter suum –, ponent saccum perularum sub capite et ibi dormient, ne unquam aliquis perdit aliquid furto vel aliter. [191] Et si perdet, statim sibi satisfit, dummodo dormierit in strata, quia, si est extra stratam, non; ymo male presumitur contra eum. [192] Dicit enim dominium: «Quare dormisti extra stratam nisi quia proposueras alios dapnificare?». [193] Et tunc punitur et non reficitur ei daperium.


P, III 27

De civitate ubi corpus beati Thome apostoli requiescit et de miraculis que ibi fiunt ob merita ipsius. Capitulum XXVII.

[1] In provincia Maabar in Maiori India est corpus |80a| beati Thome apostoli, qui in ipsa provincia martirium pro Christo suscepit. Est autem corpus illud infra terram in civitate parva ad quam pauci conveniunt mercatores, pro eo quod non est in loco pro navigatoribus apto. [2] Ibi sunt multi christiani, multi etiam Saraceni de regionibus illis frequentant apostoli limina et valde ipsum apostolum reverentur dicuntque eum magnum fuisse prophetam et vocant eum “amariiam”, id est “hominem sanctum”. [3] Christiani autem qui apostoli corpus visitant accipiunt de terra ubi apostolus fuit occisus, que rubra est, et secum deferunt reverenter; sepe autem cum ipsa miracula multa fiunt: ipsamque distemperatam in aqua aut alio liquore quocumque infirmi bibunt et ex hoc multi a diversis et magnis infirmitatibus liberantur. [4] Anno Domini .MCCLXXXVIII. princeps quidam magnus terre illius collegit messis tempore de riso copiam magnam; |80b| cum domos ad reponendum ipsum non haberet, ad suum beneplacitum aptas omnes domos ecclesie beati Thome apostoli occupavit, ibi suum risum recondens invitis custodibus loci, qui eum humiliter precabantur ne peregrinorum receptacula occuparet qui beati Thome apostoli limina visitabant. [5] Nocte autem ei beatus Thomas apostulus apparuit tenens in manu sua stipulam ferream, quem super guttur dormientis apponens ait: «Nisi domos meas quas iniuriose tua temeritas occupavit statim evacues, oportet te mala morte perire». Evigilans, ille statim quod ei apostolus in visu iusserat ademplevit. Christiani autem Deo et beato apostolo gratias egerunt de vissione apostolica confortati; ille publice retulit omnibus visionem. [6] Multa alia miracula fiunt ibi creberrime ad invocacionem beati apostoli in honorem fidei christiane.


P, III 28

De ydolatria paga|80c|norum regni illius. Capitulum XXVIII.

[1] In provincia Maabar omnes habitatores loci, viri et mulieres, nigri sunt, non tamen sic omnino nascuntur sed arte superaddunt sibi nigredinem magnam propter decorem: ungunt enim omnes parvulos ter in ebdomada cum oleo de sosiman et ex hoc efficiuntur nigerimi valde; eum autem pulcriorem reputant qui nigrior fuerit. Ydolatre qui inter eos sunt deorum suorum ymagines nigerrimas faciunt, dicentes deos nigros esse et omnes sanctos; diabolum autem pingunt album, dicentes omnes demones esse albos. [2] Cum autem hii qui bovem adorant ad bella procedunt, quilibet secum defert de pilo bovis silvestris; milites pilos bovis silvestris ligant ad suorum crines equorum et pedites ad capillos proprios vel ad crura: credunt enim bovem silvestrem tante sanctitatis esse quod quicumque super se de pilis eius habuerit in omni periculo tutus sit. Ob |80b| hanc igitur causam pili silvestrium boum magni sunt pretii apud eos.