[0] Della gran provincia detta Thebeth. Cap. 37.
[1] Questa provincia chiamata Thebeth è molto destrutta, perché Mangi Can la destrusse al tempo suo, per la guerra ch’egli hebbe con quella: et vi si veggono per questa provincia molte città et castella tutte rovinate et desolate, per lunghezza di venti giornate. [2] Et perché vi mancano gli habitatori, però le fiere salvatiche, et massime i leoni sono moltiplicati in tanto numero che è grandissimo pericolo a passarvi la notte: et li mercatanti et viandanti, oltra il portar seco le vettovaglie, bisogna che alloggino la sera con grande ordine et rispetto, per causa che non li siano devorati i cavalli. [3] Et fanno in questo modo, che, trovandosi in quella regione, et massime appresso i fiumi, canne di lunghezza di passa dieci et grosse tre palmi, et da un nodo all’altro vi sono tre palmi, i viandanti fanno la sera fassi grandi di quelle che sono verdi, mettendole alquanto lontane dall’alloggiamento, et vi appizzano il fuogo; le quali sentendo il caldo si scorzano et sfendono schioppando terribilmente, et è tanto horribil il schioppo che ’l rumor si sente per duoi miglia, et le fiere udendolo fuggono et allontanansi. [4] Et li mercatanti portano seco pasture di ferro, con le quali inchiavano tutti quattro i piedi alli cavalli, perché altramente, spaventati dal rumore, romperiano le corde et fuggiriano via: et è accaduto che molti per negligenza gli hanno perduti. [5] Cavalcasi adunque per questa contrada venti giornate, continuamente trovando simili salvatichezze, et non trovando alloggiamenti né vettovaglie, se non forse ogni terza o quarta giornata, nelle quali si forniscono delle cose al viver necessarie. [6] In capo delle qual giornate si comincia pur a veder qualche castello et borghi, che sono fabricati sopra dirupi et sommità de’ monti, et se intra in paese habitato et coltivato, dove non vi è piú pericolo di animali salvatichi. [7] Gli habitanti di quei luoghi hanno una vergognosa consuetudine, messagli nel capo dalla cecità della idolatria, che niuno vuol pigliar moglie che sia vergine, ma vogliono che prima sia stata cognosciuta da qualche huomo, dicendo che questo piace alli loro idoli. [8] Et però, come passa qualche carovana di mercadanti, et che mettono le tende per alloggiare, le madri c’hanno le figliuole da maritare le conducono subito fino alle tende, pregando i mercadanti, a regatta una dell’altra, che voglino pigliar la sua figliuola et tenirsela a suo buon piacere fino che stanno ivi: et cosí le giovani che piú gli aggrada vengono elette dalli mercadanti, et le altre tornano a casa dolenti. [9] Queste dimorano con li detti fino al suo partire et poi le consegnano alle lor madri, né mai per cosa al mondo le menarebbono via, ma sono obligati a farli qualche presente di gioie, annelletto o vero qualche altro signale, qual portano |34v| a casa: et quando si maritano portano al collo o vero adosso tutti li detti presenti, et quella che ne ha piú viene riputata esser stata piú apprezzata dalle persone. [10] Et per questo sono richieste piú volentieri dalli giovani per moglie, né piú degna dote ponno dare alli mariti che li molti presenti ricevuti, riputandosi quelli per gran gloria a laude: et nelle solennità delle sue nozze li mostrano a tutti, et li mariti le tengono piú care, dicendo che li loro idoli le hanno fatte piú gratiose appresso gli huomini. [11] Et da indi innanzi non è alcuno che havesse ardire di toccare la moglie d’un altro, et di tal cosa si guardano grandemente. [12] Queste genti adorano gl’idoli, et sono perfidi et crudeli, et non tengono a peccato il rubbare né il far male, et sono i maggiori ladri che siano al mondo. [13] Vivono di cacciagioni et di uccellare et di frutti della terra. [14] Qui si trovano di quelle bestie che fanno il muschio, et in tanta quantità che per tutta quella contrada si sente l’odore, perché ogni luna una volta spandono il muschio. [15] Nasce a questa bestia, come altre volte s’è detto, presso all’umbilico una apostema in modo d’un bognone pieno di sangue, et quella apostema ogni luna per troppa repletione sparge di quel sangue, qual è muschio. [16] Et perché vi sono molti di simili animali in quelle parti, però in molti luoghi si sente l’odore di quello. [17] Et queste tal bestie si chiamano in loro lingua “gudderi”, et se ne prendono molte con cani. [18] Essi non hanno monete, né anche di quelle di carta del Gran Can, ma spendono corallo, et vestono poveramente di cuoio et di pelle di bestie et di canevaccia. [19] Hanno linguaggio da per sé et appartengono alla provincia di Thebeth, la qual confina con Mangi, et fu altre volte cosí grande et nobile che in quella erano otto regni et molte città et castella, con molti fiumi, laghi et monti; nelli quali fiumi si trova oro in grandissima quantità di paiola. [20] In li regni di detta provincia si spende, come ho detto, il corallo per moneta, et ancho le donne lo portano al collo; et adorano li suoi idoli. [21] Et si fanno molti zambellotti et panni d’oro et di seda, et vi nascono molte sorti di spetie, che non si portano mai nelli nostri paesi. [22] Et quivi gli huomini sono grandissimi negromanti, imperoché fanno per arte diabolica i maggior veneficii et ribalderie che mai fussero viste o vero udite: fanno venir tempesta et fulguri, con saette, et molte altre cose mirabili. [23] Sono huomini de mali costumi. [24] Hanno cani molto grandi, come asini, che sono valenti a pigliar ogni sorte di animali, et massime buoi salvatichi, che si chiamano “beyamini”, quali sono grandissimi et feroci. [25] Ivi nascono ottimi falconi laneri et sacri, molto veloci al volare, et ottimamente uccellano. [26] Questa detta provincia di Thebeth è suddita al dominio del Gran Can, et similmente tutte le regioni et provincie soprascritte; doppo la quale si trova la provincia di Caindú. |
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