[0] Della provincia di Cardandan et città di Vociam. Cap. 41.
[1] Partendosi dalla città di Carazan, poi che s’è camminato cinque giornate verso ponente, si trova la provincia di Cardandan, la qual è sottoposta al Gran Can, et la principal città è detta Vociam. [2] La moneta che qui spendono è oro a peso, et ancho porcellane, et danno un’onza d’oro per cinque onze d’argento, et un sazzo d’oro per cinque sazzi d’argento, perché in quella regione non si trova minera alcuna d’argento, ma oro assai, et i mercanti vi portano d’altrove l’argento et ne fanno gran guadagni. [3] Gli huomini et le donne di questa provincia usano di portare li denti coperti d’una sottil lametta d’oro, fatta molto maestrevolmente a similitudine di denti, che li coprono, et vi sta di continuo. [4] Gli huomini si fanno anchor a torno le braccia et le gambe a modo di una lista o vero cinta, con punti neri, designata in questo modo: hanno cinque agucchie tutte legate insieme, et con quelle si pungono talmente la carne che vi esce il sangue, et poi vi mettono sopra una tintura nera, che mai piú si puol cancellare; et reputano per cosa nobile et bella haver questa tal lista di punti neri. [5] Et non attendono ad altro se non a cavalcare et andare alla caccia et uccellare, et a cose che appartengono all’armi et essercitii di guerra, et di tutti gli altri officii appartenenti al governo di casa lasciano la cura alle loro donne. [6] Hanno servi comprati, et ancho che hanno preso in guerra, che aiutano le donne in simil bisogna. [7] Hanno una usanza, che subito che una donna ha partorito levasi del letto, et lavato il figliuolo et ravolto ne’ panni, il marito si mette a giacere in letto in sua vece et tiene il figliuolo appresso di sé, havendone la cura di quello per quaranta giorni, che non si parte mai. [8] Et gli amici et parenti vanno a visitarlo per rallegrarlo et consolarlo, et le donne che sono da parto fanno quel che bisogna per casa, portando da mangiare et bere al marito ch’è in letto, et dando il latte al fanciullo che gli è appresso. [9] Dette genti mangiano carni crude et cotte, com’è detto di sopra, et il loro cibo è risi con carne; il loro vino è fatto di risi con molte specie mescolatevi, et è buono. [10] In questa provincia non vi sono idoli né tempii, ma adorano il piú vecchio di casa, perché dicono: «Siamo usciti di costui, et tutto il bene che havemo procede et viene da lui». [11] Non hanno lettere né scrittura alcuna, et non è maraviglia alcuna, però che quel paese è molto salvatico, et fra montagne et selve foltissime, et l’aere nella state v’è molto tristo et cattivo; et li forestieri et mercatanti non vi possono star, perché moririano. [12] Et se hanno da far qualche faccenda un con l’altro, et vogliono far le sue obligationi o vero carte di quello che deono dare et havere, il principal piglia un legno quadro et lo sfende per mezzo, et segnano sopra quello quanto hanno da fare insieme, et cadaun tiene una delle parti del bastone, come facciamo noi a modo nostro in tessera; et quando è venuto il termine, et il debitor haverà pagato, il creditor li restituisce la sua parte del legno: et cosí restano contenti et satisfatti. [13] Né in questa provincia né in Caindú, Vociam et Iaci si trovano medici, ma, come si ammala qualche grande huomo, le sue genti di casa fanno venir li maghi, che adorano gli idoli, alli quali l’infermo narra la sua malattia. [14] Allhora detti maghi fanno venir sonatori con diversi instrumenti, et ballano et cantano canzone in honore et laude d’i loro idoli, et continuano questo tanto ballar, cantar et sonar che ’l demonio entra in alcuno di loro, et allhora non si balla piú. [15] Li maghi dimandano a questo indemoniato per che cagione colui sia ammalato, et ciò che si dee fare per liberarlo. [16] Il demonio risponde, per bocca di colui nel corpo del quale egli è entrato, quello essere ammalato per haver fatta offensione a tal dio. [17] Allhora li maghi pregano quel dio che li perdoni, che guarito li farà sacrificio del proprio sangue: ma se ’l demonio vede che quell’ammalato non puol scampare, dice che l’ha offeso cosí gravemente che per niun sacrificio si potria placare; ma se giudica che ’l debbia guarire, dice che ’l facci sacrificio di tanti montoni che habbino i capi neri, et che faccino ragunare tanti maghi con le loro donne, et che per le mani loro sia fatto il sacrificio, et che a questo modo |36v| il dio si placherà verso l’infermo. [18] Allhora i parenti fanno tutto ciò che gli è stato imposto, ammazzando li montoni et gettando verso il cielo il sangue di quelli, et i maghi con le loro donne maghe fanno gran luminarie et incensano tutta la casa dell’infermo, faccendo fumo di legni di aloe et gettando in aere l’acqua nella qual sono stà cotte le carni sacrificate, insieme con parte delle bevande fatte con specie, et ridono, cantano et saltano, in reverentia di quell’idolo o vero dio. [19] Doppo questo dimandano a quell’indemoniato se per tal sacrificio è satisfatto all’idolo, et s’egli comanda che si faccia altro; et quando risponde essere satisfatto, allhora detti maghi et maghe, che di continuo hanno cantato, sentano a tavola et mangiano la carne sacrificata con grande allegrezza, et bevono di quelle bevande che sono state offerte. [20] Compiuto il disinare et havuto il suo pagamento, ritornano a casa, et se per providentia di Dio guarisce l’infermo, dicono che l’ha guarito quell’idolo al quale è stato fatto il sacrificio; ma se ’l muore, dicono che ’l sacrificio è stato defraudato, cioè che quelli che hanno preparate le vivande le hanno gustate prima che sia stà data la sua parte all’idolo. [21] Et queste cerimonie non si fanno per qualunque infermo, ma una o due volte al mese per qualche grande huomo riccho, la qual cosa anchora si osserva in tutta la provincia del Cataio et di Mangi et quasi da tutti gl’idolatri, perché non hanno copia di medici: et in questo modo li demonii scherniscono la cecità di quelle misere genti. |
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