[0] Come il Gran Can soggiogò il regno di Mien et di Bangala. Cap. 42.
[1] Prima che procediamo piú oltra, narreremo una memorabile battaglia che fu nel sopradetto regno di Vociam. [2] Avenne che nel 1272 il Gran Can mandò uno essercito nel regno di Vociam et Carazan, per custodirlo et defenderlo da genti strane che lo volessero offendere, imperoché fino a quel tempo il Gran Can anchora non havea mandato alcuno de’ suoi figliuoli al governo de’ suoi reami, come dapoi vi mandò, perché sopra questo regno ordinò in re Centemur suo figliuolo. [3] Il re veramente di Mien et Bangala dell’India, ch’era potente di genti, terre et thesoro, udendo che l’essercito d’i Tartari era venuto a Vociam, deliberò di volerlo combattere et scacciare, accioché piú il Gran Can non ardisse di mandar genti alli suoi confini. [4] Però preparò un essercito grandissimo et gran moltitudine di elefanti (perché di continuo ne teneva infiniti nelli suoi regni), sopra li quali fece far alcune baltresche et castelli di legno, dove stavano huomini a saettare et combattere: et in alcuni vi erano da dodici et sedici che commodamente potevano combattere. [5] Et oltra di questi messe insieme gran numero di cavalli armati et fanti a piedi, et prese il cammino verso Vociam, dove l’essercito del Gran Can si era fermato, et quivi s’accampò con tutto l’hoste per riposarlo alquanti giorni. [6] Quando Nestardin, ch’era capitano dell’essercito del Gran Can, huomo prudente et valoroso, intese la venuta dell’hoste del re di Mien et Bangala con tanto numero di genti, temette molto, perché non havea seco piú di dodicimila huomini, ma essercitati et franchi combattitori, et il detto re ne havea sessantamila, et da circa mille elefanti tutti armati, con castelli sopra. [7] Costui, come savio et esperto, non mostrò paura alcuna, ma discese nel piano di Vociam et si pose alle spalle un bosco folto et forte di altissimi arbori, con opinione che se gli elefanti venissero con tanta furia che non se li potesse resistere, di ritirarsi nel bosco et saettarli al sicuro. [8] Però, chiamati a sé li principali dell’essercito, li confortò che non volessero esser di minor virtute di quello ch’erano stati per avanti, et che la vittoria non consisteva nella moltitudine ma nella virtú di valorosi et esperti cavallieri, et che le genti del re di Mien et Bangala erano inesperte et non pratiche della guerra, nella qual non si haveano trovato, come haveano fatto loro, tante volte: et però non volessero dubitar della moltitudine de’ nimici, ma sperar nella peritia sua esperimentata in tante imprese, che già il nome loro era non solamente alli nimici, ma a tutto il mondo pauroso et tremendo, promettendoli ferma et indubitata vittoria. [9] Saputo il re di Mien che l’hoste de’ Tartari era disceso al piano, subito si mosse et venne ad accamparsi vicino a quel de’ Tartari un miglio, et messe le sue schiere ad ordine, ponendo nella prima fronte gli elefanti et dapoi di drieto i cavalli et i fanti, ma lontani come in due ali, lassandovi un gran spatio in mezzo. [10] Et quivi cominciò ad inanimare i suoi, dicendoli che volessero valorosamente combattere, perché erano certi della vittoria, essendo loro quattro per uno, et havendo tanti elefanti con tanti castelli che li nemici non haveriano ardire d’aspettarli, non havendo mai con tal sorte di animali combattuto. [11] Et fatti sonare infiniti stormenti, si mosse con gran vigore con tutto |39r| l’hoste suo verso quello d’i Tartari, quali stettero fermi et non si mossero, ma li lassorono venir vicini al suo alloggiamento; poi immediate uscirono con grande animo all’incontro. [12] Et, non mancando altro che l’azzuffarsi insieme, avenne che i cavalli de’ Tartari, vedendo gli elefanti cosí grandi et con quelli castelli, si spaurirono di maniera che cominciavano di volere fuggire et voltarsi adietro, né vi era modo che li potessero retenire, et il re con tutto l’essercito si avvicinava ogn’hora piú innanti. [13] Onde il prudente capitano, veduto questo disordine sopravenutoli all’improviso, senza perdersi punto prese partito di far immediate smontar tutti dei cavalli, et quelli mettere nel bosco, ligandogli agl’arbori. [14] Smontati adunque andorono a piedi alla schiera di elefanti et cominciorono fortemente a saettarli; et quelli ch’erano sopra li castelli, con tutte le genti del re, anchor loro con grande animo saettavano li Tartari, ma le loro freccie non impiagavano cosí gravemente come facevano quelle de’ Tartari, ch’erano da maggior forza tirate. [15] Et fu tanta la moltitudine delle saette in questo principio, et tutte a segno d’i elefanti (che cosí fu ordinato dal capitano), che restorono da ogni canto del corpo feriti, et subito cominciorono a fuggire et a voltarsi adrieto verso le genti sue proprie, mettendole in disordine. [16] Né vi valeva forza o modo alcuno di quelli che li governavano, che, per il dolore et rabbia delle ferite et per il tuono grande delle voci, erano talmente impauriti che senza ritegno o governo andavano hor qua et hor là vagabondi, et alla fine con gran furia et spavento si cacciorono in una parte del bosco dove non erano li Tartari; et quivi entrando per forza, per la foltezza et grossezza di arbori, fracassavano con grandissimo strepito et rumore li castelli et baltresche che haveano sopra, con ruina et morte di quelli che vi erano dentro. [17] Alli Tartari, veduta la fuga di questi animali, crebbe l’animo, et senza dimorar punto a parte a parte con grande ordine et magisterio andavano montando a cavallo et ritornavano alle loro schiere, dove cominciorono una crudele et horrenda battaglia. [18] Né le genti del re manco valorosamente combattevano, perché egli in persona le andava confortando, dicendoli che stessero saldi et non si sbigottissero per il caso intravenuto agl’elefanti. [19] Ma li Tartari, per la peritia del saettare, li cargavano grandemente adosso et offendevano fuor di misura, perché non erano armati come li Tartari. [20] Et poi che l’un et l’altro essercito hebbero consumate le saette, posero mano alle spade et mazze di ferro, faccendo empito un contra l’altro: dove vedevasi in uno instante tagliare et troncar piedi, mani, teste, et dare et recever grandissimi colpi et crudeli, cadendo in terra molti feriti et morti, con tanta uccisione et spargimento di sangue che era cosa spaventevole et horribile a vedere; et era tanto il strepito et grido grande che le voci andavano fino al cielo. [21] Il re veramente di Mien, come valoroso capitano, arditamente in ogni parte dove vedeva il pericolo maggiore si metteva, inanimando et pregando che stessero fermi et constanti, et faceva che le schiere di drieto, che erano fresche, venissero inanti a soccorrere quelle che erano stracche. [22] Ma, vedendo che non era possibile da fermarsi né sostener l’empito d’i Tartari, essendo la maggior parte del suo essercito o ferita o morta, et tutto il campo pieno di sangue et coperto di cavalli et huomini uccisi, et che cominciavano a voltar le spalle, si misse ancho lui a fuggire con il resto delle sue genti, le quali, seguitate da’ Tartari, furono per la maggior parte uccise. [23] Questa battaglia fu molto crudele da una banda et dall’altra, et durò dalla mattina fino a mezzogiorno: et li Tartari hebbero la vittoria, et la causa fu perché il re di Bangala et Mien non havea il suo essercito armato come quello de’ Tartari, et similmente non erano armati gli elefanti che venivano in la prima fila, che haveriano potuto sostenere il primo saettamento delli nimici, et andarli adosso et disordinarli. [24] Ma, quello che piú importa, detto re non doveva andare ad assaltar li Tartari in quell’alloggiamento c’havea il bosco alle spalle, ma aspettarli in campagna larga, dove non haveriano potuto sostener l’empito de’ primi elefanti armati, et poi con le due ali de cavalli et fanti gli haveria circondati et messi di mezzo. [25] Raccoltisi i Tartari doppo l’uccisione delli nimici, andorono verso il bosco nel quale erano gli elefanti per pigliarli, et trovorono che quelle genti ch’erano campate tagliavano arbori et sbarravano le strade per difendersi. [26] Ma i Tartari immediate, rotti i loro ripari, ne uccisero molti et fecero prigioni, con il mezzo delli quali che sapevano il maneggiar di detti elefanti, ne hebbero dugento et piú. [27] Et dal tempo della presente battaglia in qua, il Gran Can ha voluto haver di continuo elefanti nelli suoi esserciti, che prima non ne haveva. |39v| [28] Questa giornata fu causa che ’l Gran Can acquistò tutte le terre del re di Bangala et Mien, et sottomessele al suo imperio.
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