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[0] Della città di Mien et d’un bellissimo sepolchro del re di quella. Cap. 44.

[1] Dapoi le dette quindeci giornate, si trova la città di Mien, la qual è grande et nobile et capo del regno, et sottoposta al Gran Can; gli habitatori sono idolatri, et hanno lingua propria. [2] Fu in questa città (come si dice) un re molto potente et riccho, qual venendo a morte ordinò che appresso la sua sepoltura vi fossero fabricate due torri a modo di piramidi, una da un capo et l’altra dall’altro, tutte di marmo, alte passa dieci et grosse secondo la convenientia dell’altezza et di sopra vi era una balla ritonda. [3] Queste torri, una era coperta tutta di una lama d’oro grossa un dito, che altro non si vedeva che oro, et l’altra di una lama d’argento della medema grossezza, et haveano congegnate campanelle d’oro et d’argento a torno la balla, che ogni fiata che soffiava il vento sonavano, che era cosa molto stupenda a vedere; et similmente la sepoltura era coperta parte di lame d’oro et parte d’argento: et questo fece far detto re per honore dell’anima sua, acciò che la memoria sua non perisse. [4] Hor, havendo il Gran Can deliberato di haver quella città, vi mandò un valoroso capitano, et la maggior parte dell’essercito volse che andassero giocolari o vero buffoni della corte sua, che ne sono di continuo in gran numero. [5] Hor, entrati nella città et trovate le due torri tanto ricche et adorne, non le volsero toccare senza saputa del Gran Can, qual, inteso che hebbe ch’erano stà fatte per quella memoria dell’anima sua, non permesse che le toccassero né guastassero, per esser questo costume d’i Tartari, che reputano gran peccato il movere alcuna cosa pertinente a’ morti. [6] Qui si trovano molti elefanti, buoi salvatichi grandi et belli, cervi et daini, et ogni sorte di animali in grande abondanza.