[0] Della città di Singui et Vagiu. Cap. 67.
[1] Singui è una grande et nobile città, la qual gira d’intorno da venti miglia. [2] Sono tutti idolatri et sottoposti al Gran Can; spendono moneta di carta; hanno gran quantità di seda et ne fanno panni, perché tutti vanno vestiti di seda, et ancho ne vendono. [3] Vi sono mercatanti ricchissimi, et tanta moltitudine di gente che è cosa mirabile. [4] Sono huomini pusillanimi, et non sanno far altro che mercantie et mestieri, ma in quelle dimostrano grande ingegno, conciosiacosaché, se fossero audaci et virili et atti alle battaglie, con la gran moltitudine che sono conquistarebbono tutta quella provincia et molto piú oltra. [5] Hanno molti medici, et quelli eccellenti, che sanno cognoscere le infirmità et darli i debiti remedii, et alcuni che chiamano savii, come appresso di noi philosophi, et altri detti maghi et indovini. [6] Sopra li monti vicini a questa città vi nasce il riobarbaro in somma perfettione, che va per tutta la provincia; vi nasce ancho in quantità il gengevo, et vi è tanto buon mercato che quaranta libre di fresco si puol haver per tanta moneta che vagli un grosso d’argento venetiano. [7] Sono sotto la giurisditione di Singui da sedeci buone città, et ricche di gran mercantie et arti. [8] Et Singui vuol dire “città di terra”, come all’incontro Quinsai “città del cielo”. [9] Hor, partendosi da Singui, si trova un’altra città di Vagiu, lontana una giornata, dove è similmente abondanza di seda, et vi sono molti mercanti et artefici: et qui lavorano tele sottilissime et di diverse sorti, et vengono condotte per tutta la provincia. [10] Né altro essendovi degno di memoria, trattaremo della maestra et principale città della provincia di Mangi, nominata Quinsai. |
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