[0] Della città di Ormus, che è posta in isola vicina alla terra sopra il mar dell’India, et della conditione et vento che vi soffia cosí caldo. Cap. 15.
[1] Nel fine della pianura che habbiam detto di sopra, che dura verso mezzodí per cinque giornate, si pervien ad una discesa che dura ben venti miglia, et è via pericolosissima per l’abondanza de’ rubbatori che di continuo assaltano et rubbano quelli che vi passano. [2] Et quando si giunge al fine di questa discesa, si trova un’altra pianura molto bella, che dura di lunghezza per due giornate et chiamasi pianura di Ormus: ivi sono riviere bellissime et dattali infiniti, et trovansi francholini et papagalli et molti altri uccelli che non s’assomigliano alli nostri. [3] Alla fine si giunge al mare Oceano, dove, sopra una isola vicina, vi è una città chiamata Ormus, al porto della qual arrivano tutti i mercatanti di tutte le parti dell’India con speciarie, pietre pretiose, perle, panni d’oro et di seda, denti d’elefanti et molte altre mercantie, et qui le vendono a diversi altri mercadanti che le conducono poi per il mondo. [4] La città nel vero è molto mercantesca, et ha città et castelli sotto di sé, et è capo del regno Chermain; et il signore della città si chiama Ruchmedin Achomach, il qual signoreggia |8r| per tirannide, ma ubidisce al re di Chermain. [5] Et se vi muore alcuno mercatante forestiero, il signor della terra gli tol tutto il suo havere et riponlo nel suo thesoro. [6] La state le genti non habitano nella città, per il gran caldo che è causa di mal aere, ma vanno fuori a’ suoi giardini, presso le rive dell’acque et fiumi, dove con certe graticcie fanno solari sopra l’acque, et quelli da una parte fermano con pali fitti nell’acque et dall’altra parte sopra la riva, et di sopra per difendersi dal sole copreno con le foglie, et vi stanno un certo tempo. [7] Et dall’hora di mezza terza fino mezzodí ogni giorno vien un vento dall’arena cosí estremamente caldo che per il troppo calore vieta all’huomo il respirare, et subito lo soffoca et muore: et da detto vento niuno che si trovi su l’arena può scampare, per la qual cosa, subito che sentono il vento, si mettono nell’acque fin alla barba et vi stanno fin che ’l cessi. [8] Et in testimonio della calidità di detto vento, disse messer Marco che si trovò in quelle parti quando intravenne un caso in questo modo: che, non havendo il signor di Ormus pagato il tributo al re di Chermain, pretendendo haverlo al tempo che gli huomini di Ormus dimoravano fuori della città nella terra ferma, fece ap‹ar›ecchiare mille et seicento cavalli et cinquemila pedoni, i quali mandò per la contrata di Reobarle per prenderli alla sprovista. [9] Et cosí un giorno, per essere mal guidati, non potendo arrivare al luogo destinato per la sopravegnente notte, si riposorono in un boscho non molto lontano da Ormus; et la mattina, volendosi partire, il detto vento gli assaltò et soffocò tutti, di modo che non si trovò alcuno che portasse la nova al suo signore. [10] Questo sapendo gli huomini di Ormus, acciò che quei corpi morti non infettassero l’aere, andorno per sepelirli, et pigliandoli per le braccia per porli nelle fosse, erano cosí cotti pel grandissimo calor che le braccia si lasciavano dal busto, per il che fu di bisogno far le fosse presso alli corpi et gettarli in quelle. |
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