[0] Dell’essercito de’ Tartari, in quante parti è diviso; et del modo con il qual cavalcano, et di ciò che portano per loro vivere, et del latte secco; et modo del loro combattere. Cap. 47.
[1] Quando alcun signor de’ Tartari va ad alcuna espeditione, mena seco l’essercito di centomila cavalli, et ordina le sue genti in questa maniera: egli statuisce un capo a cadauna decena et a cadaun centenaio et a cadauno migliaio et a ogni diecimila, et cosí ogni dieci capi di decena rispondono alli capi di centenaia, et ogni dieci capi di centenaia rispondono alli capi di migliaia, et ogni dieci capi di migliaia rispondono alli capi di dieci migliaia, et in questo modo cadauno huomo o vero capo, senza altro consiglio o vero fastidio, non ha da cer|15r|care altri se non dieci. [2] Per il che, quando il signore di questi centomila vuol mandarne alcuna parte a qualche espeditione, comanda al capo di diecimila che li dia mille huomini, et il capo di diecimila comanda al capo di mille, et il capo di mille al capo di cento, et il capo di cento al capo di dieci, et allhora tutti i capi delle decene sanno le parti che li toccano, et subito danno quelle a’ suoi capi: cento capi ai cento di mille, et mille capi ai capi di diecemila, et cosí subito si discernono; et tutti sono obedientissimi a’ suoi capi. [3] Item cadauno centenaio si chiama un “tuc”, dieci un “toman”, per migliaio, centenaio et decena. [4] Et quando si muove l’essercito per andar a far qualche impresa, essi mandano avanti gli altri huomini per la loro custodia per duoi giornate, et mettono genti da dietro et da’ lati, cioè da quattro parti, a questo effetto, acciò che qualche essercito non possi assaltargli all’improviso. [5] Et quando vanno con l’essercito lontani, non portano seco cosa alcuna, di quelle massimamente che sono necessarie pel dormire. [6] Vivono il piú delle volte di latte (come s’è detto), et fra cavalli et cavalle sono per cadauno huomo circa dieciotto: et quando alcun cavallo è stracco pel cammino si cambia un altro; nondimeno portano seco vasi per cuocer la carne. [7] Portano ancho seco le sue picciol casette di feltro alla guerra, dentro alle quali stanno al tempo della pioggia. [8] Et alle volte, quando ricerca il bisogno et pressa di qualche impresa che si facci presta, cavalcano ben dieci giornate senza vettovaglie cotte, et vivono del sangue de’ suoi cavalli, però che cadauno punge la vena del suo et beve il sangue. [9] Hanno anchora latte secco a modo di pasta, et seccasi in questo modo: fanno bollire il latte, et allhora la grassezza che nuota di sopra si mette in un altro vaso, et di quella si fa il butiro, perché fin che stesse nel latte non si potria seccare; si mette poi il latte al sole, et cosí si secca. [10] Et quando vanno in essercito portano di questo latte circa dieci libre, et la mattina ciascheduno ne piglia mezza libra et la mette in un fiasco picciolo di cuoio, fatto a modo di un utre, con tanta acqua quanto li piace; et mentre cavalca, il latte nel fiasco si va sbattendo et fassi come sugo, il qual bevono: et questo è il suo desinare. [11] Oltre di ciò, quando i Tartari combattono coi nimici, mai si meschiano totalmente con loro, anzi continuamente cavalcano a torno qua et là saettando, et alle volte fingono di fuggire, et fuggendo saettano da dietro gli nimici che seguitano, sempre uccidendo cavalli et huomini come se combattessero a faccia a faccia: et a questo modo i nimici, credendo haver havuto vittoria, si trovano haver perso, et allhora i Tartari, vedendo havergli fatto danno, ritornano di nuovo contra di loro, et quelli virilmente combattendo conquistano et prendono. [12] Et hanno li lor cavalli cosí ammaestrati a voltarsi che ad un signo si voltano in ogni parte che vogliono, et in questo modo hanno vinto molte battaglie. [13] Tutto quello che vi habbiam narrato è nella vita et costumi de’ rettori de’ Tartari. [14] Ma al presente sono molto bastardati, perché quelli che conversano in Ouchacha osservano la vita et costumi di quelli che adorano gl’idoli et hanno lasciata la sua legge; quelli che conversano in oriente osservano i costumi d’i Saraceni. |
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