GIAVA

(a) Giava Maggiore: R I 1 58 (Iava); R III 6 13 (G. Maggiore); R III 7 0; R III 7 1; R III 8 1; R III 17 1; R III 26 1.

Java F; Jana, Java L; Giava, Iana, Lana P; Iava, Iana V; Iana, Iava VA; Jana, Java, Çanba VB; Çava Z.

(b) Giava Minore: R III 9 6 (G. Minore); R III 10 0 (G. Minore); R III 10 1 (G. Minore); R III 11 0 (G. Minore);

Java la menor, pitete Java F; Java Minor, Java, que licet “Minor” L; Giava, Iana (Minor) P; Iana Menor, Pizola Iana V; Iava menore, [Ia]va Menor VA; Iana la menor VB; Çava (Minor) Z.

BIBLIOGRAFIA – Cardona 1975, p. 645; EI2, III, pp. 1213-1235; Marsden 1818, pp. 591-593; Ménard 2001-2009, VI, pp. 100-103; Pelliot 1959-1973, pp. 755-758 n. 263, 757-758 n. 264; Yule, Burnell 2013, pp. 220-221.

Il nome è di derivazione antica: è la Iabadíou di Tolomeo, termine che ricostruisce, secondo Yule, Burnell (2013, p. 220), la forma popolare pracrita “Yavadvīpa”.

(a) Giava Maggiore.

L’identificazione, incerta, oscilla tra il Borneo e l’attuale Giava. Le due possibilità, discusse già da Marsden (1818, pp. 591-593), sono riprese e sviluppate con argomenti nuovi da Ménard (2001-2009, VI, pp. 100-103). L’ostacolo maggiore all’attribuzione più ovvia (Giava) dipende dalle osservazioni poliane sulla posizione e sulle dimensioni dell’isola in rapporto a Giava Minore (= Sumatra, vd. infra): la G. di Polo è infatti «la maggior isola che sia al mondo». D’altra parte, come ricordato da Pelliot (favorevole all’ipotesi G. = Giava), ai tempi di Polo Giava non era ancora stata circumnavigata da Arabi e Cinesi, e la sua esatta morfologia rimaneva ignota, oltre al fatto che il racconto si basa sicuramente, per esplicita ammissione del Veneziano, su quanto «dicono alcuni buoni marinari», e non sul riscontro diretto. Forse per questa ragione «Marco attribuisce a G. anche alcune delle caratteristiche e delle ricchezze che si incontrano nelle isole circostanti» (Montesano 2014, p. 93), contribuendo alla cristallizzazione di alcune immagini figées che verranno mutuate anche dai viaggiatori successivi.

Rinviando al dossier di Ménard per maggiori dettagli, segnaliamo alcuni argomenti a favore delle due ipotesi. Per Giava, si citano tradizionalmente: (a) l’autonomia politica dal potere mongolo e dalle sue richieste di omaggio; nel 1293, dopo il ritorno dei Polo in Occidente, Giava subì «un tentativo d’invasione destinato però a rivelarsi fallimentare; l’ambasciatore inviato a chiedere la sottomissione fece ritorno con il volto marchiato come un criminale e l’esercito, raccolto e imbarcato per vendicare l’affronto, non ebbe miglior successo di quello spedito alla conquista del Giappone (Montesano 2014, p. 93; vd. Ménard 2001-2009, VI, p. 101 per la bibliografia) (b) le relazioni commerciali che legavano Giava e la Cina.

A favore del Borneo, oltre alle dimensioni: (a) la menzione dell’oro, che abbonda nel Borneo ma non a Giava; (b) la posizione del capitolo, collocato tra la descrizione della Cocincina e quella di Sondur e Condur: «la côtee nord-ouest de Bornéo leur fait face de l’autre côté de la mer de Chine et peut donc logiquement être mentionnée en ce point du récit, ce qui n’est pas le cas de Java, située au sud de Bornéo» (Ménard 2001-2009, p. 101); (c) la distanza da Ziamba, esatta rispetto al Borneo («Partendosi da Ziamba, navigando tra mezzodí et sirocco mille et cinquecento miglia»); (d) le osservazioni sulla sparizione della stella polare.

(b) Giava Minore: con questa dicitura Marco Polo si riferisce all’isola di Sumatra, secondo l’uso arabo, mutuato dagli Indiani (Yule, Burnell 2013, p. 221). Nota fin dall’antichità, l’apparente ambiguità con Samara si spiega con il fatto che il nome Sumatra «was taken from the very similar name of one of the maritime principalities upon the north coast of the island, which seems to have originated in the 13th century» (Yule, Burnell 2013, p. 416); il centro di questo reame, la città di Samudra, è la Samara di Marco Polo. Il Milione offre inoltre un’esatta rappresentazione della frantumazione politica dell’isola. Per la storia delle due “G.” e per la bibliografia vd. EI2, III, pp. 1213-1235.

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